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Apre immediatamente con una curata e riuscita sequenza di tensione il lungometraggio che segna l’esordio alla regia per Sopon Sukdapisit, sceneggiatore di quello "Shutter" che, diretto nel 2004 dai thailandesi Banjong Pisanthanakun e Parkpoom Wongpoom e incentrato su una maledizione legata a misteriosi aloni spettrali presenti nelle fotografie di una giovane coppia, è stato quattro anni dopo oggetto anche del rifacimento a stelle e strisce "Ombre dal passato", firmato da Masayuki Ochiai.
Al centro della vicenda il proiezionista Shane, con le fattezze di Chantavit Dhanasevi, il quale, intenzionato a vendere la copia di un film horror thailandese molto pubblicizzato, prima avverte qualcosa che non va mentre è seduto in sala con la propria videocamera alla mano, poi si trova in preda ad un certo senso di déjà vu, intuendo che gli eventi descritti nella pellicola stanno accadendo di nuovo.
Quindi, una chiara allegoria su celluloide in salsa scary relativa alla tanto discussa tematica della pirateria cinematografica, costruita sui lenti ritmi di narrazione tipici dei prodotti di paura provenienti dai paesi orientali e tempestata di spaventi generati in particolar modo tramite il ricorso al vecchio ma sempre efficace stratagemma dell’improvviso aumento del volume sonoro.
E bisogna dire che, forte anche di tutt’altro che disprezzabili apparizioni spettrali rientranti forse tra le migliori viste sullo schermo nel primo decennio del XXI secolo e caratterizzate da un look che tanto ricorda una certa tipologia di horror del passato, dietro la macchina da presa Sopon Sukdapisit non sembra cavarsela poi così male.
L’unica pecca della sua pellicola, semmai, è individuabile in uno script – a firma dello stesso regista – che, al di là dell’idea di partenza, si rivela ben presto in possesso di pochissimi elementi utili all’efficace riempimento dell’oltre ora e venti di visione, tanto da lasciar tranquillamente pensare che meglio si sarebbe potuto sfruttare al servizio di un cortometraggio.
Una volta tanto, però, abbiamo davanti a noi un film dell’orrore dagli occhi a mandorla che non necessita del remake americano per essere meglio capito dagli spettatori occidentali.

La frase: "Da quando ho visto quel film, quella donna mi perseguita".

Francesco Lomuscio

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