Colpo d'occhio
L’idolo delle teen-ager Riccardo Scamarcio, protagonista dei mocciani “Tre metri sopra il cielo” (2004) e “Ho voglia di te” (2007), è Adrian, giovane scultore di provincia desideroso di affermare il suo talento nel mondo dell’arte.
La Vittoria Puccini del serial tv “Elisa di Rivombrosa” è Gloria, studiosa d’arte che finisce per diventare fonte ispiratrice delle opere del giovane artista, nonché sua compagna e agente.
Sergio Rubini, che torna dietro la macchina da presa a due anni da “La terra” (2006), è Lulli, intellettuale di fama internazionale ed ex tutore e amante di Gloria, il quale s’innamora del lavoro di Adrian tanto da portarlo ad assaporare presto il successo e da provocare l’inevitabile rottura con la ragazza, insospettita dell’interessamento da parte del critico.
Nei mitici Anni Settanta, vera e propria miniera d’oro del cinema di genere nostrano, da elementi del genere si sarebbe ricavato uno di quei thriller coi fiocchi sulla criminalità passionale, nettamente distaccati sia dalla moda argentiana del periodo che dall’allora nascente filone slasher.
Purtroppo, invece, nel momento in cui stiamo scrivendo ci troviamo nell’Italia del XXI secolo, le cui televisioni non trasmettono più sceneggiati del calibro de “Il segno del comando” o “Ritratto di donna velata”, dai quali il lungometraggio di Rubini sembra vagamente recuperare alcune suggestioni, ma piatte fiction proto-soap opera tutte (o quasi) uguali a sé stesse.
Perché, nonostante la curatissima fotografia di Vladan Radovic (“Rosso come il cielo”), soleggiata e contrastata a dovere, è proprio a queste ultime che sorge spontaneo accomunare “Colpo d’occhio”, apprezzabile più per la maniera in cui riprende il mondo dell’arte (notevole il lavoro svolto dall’astrattista Gianni Dessì, in qualità di consulente artistico), con inevitabili riferimenti sparsi (a partire dalla Puccini rappresentata come novella Venere nuda), che per il soporifero svolgimento dei circa 110 minuti di durata.
Colpa probabilmente di uno script che, concepito dallo stesso Rubini in collaborazione con Angelo Pasquini (“Il portaborse”) e Carla Cavalluzzi (“L’amore ritorna”), non si distacca poi tanto da quelli di un porno con storia alla Silvio Bandinelli, ma anche di un cast tutt’altro che in forma, all’interno del quale, ancor prima che una Paola Barale esordiente su grande schermo, fa piacere almeno trovare il convincente caratterista Giancarlo Ratti, attivo soprattutto in tv, tra il serial “I Cesaroni” e la trasmissione “Artù”.
Alla fine, quindi, ad apparire interessante è soltanto il fortemente realistico pessimismo di fondo, in quanto perfino “Insolita” delle Vibrazioni, nei titoli di coda, risulta del tutto inadeguata al film.

La frase: "Un critico e un artista, praticamente il diavolo e l’acquasanta".

Francesco Lomuscio

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