Cloud Atlas
Difficile fare filosofia al cinema, soprattutto se la si vuol fare con un film corale, uno di quelli che concede poco allo spettatore, le linee comuni tra le storie sono lievi e fatte più di piccoli dettagli e suggestioni che di veri e propri rimandi o spiegazioni che alla fine rendano chiaro il significato del tutto. I fratelli Wachowski, già creatori di "Matrix" ed il regista tedesco Tom Tykwer ci provano però portando sul grande schermo l’adattamento del romanzo L’atlante delle nuvole di David Michell.
Sono sei le storie che si incrociano in questa monumentale pellicola che alterna generi, luoghi ed ambientazioni storiche. Ecco quindi l’avventuroso viaggio nel Pacifico nel 1839, il drammatico scambio epistolare nel Belgio del 1936, il noir legato all’indagine di una giornalista nella California degli anni ‘70, la divertente fuga di un gruppo di vecchietti da un ospizio inglese dei giorni nostri, la fantascientifica storia d’amore tra un automa ed un ribelle in una Corea del ventiduesimo secolo e la lotta per la sopravvivenza in un mondo post-apocalissi in un lontano, ma non troppo, futuro. I volti ritornano, chi era stato carnefice diventa vittima, chi era stato comprimario assurge al ruolo di protagonista e viceversa, in un continuo scambio di ruoli e posizioni che rende l’intero racconto un grande thriller dell’animo umano. Ambizioni alte, come si è già detto, che cercano di superare i rischi di un polpettone troppo lungo (quasi 3 ore) con la magnificenza di tante sontuose scenografie e di splendidi effetti speciali. Il risultato è un film che o si ama o si odia. Si possono trovare un po’ banali alcune considerazioni new age fatte qui e là, così come ripetitive scene ed ambientazioni che possono ricordare tanto "Blade Runner" quanto "Cast Away" e tanti altri film. Nonostante tutto il film è così denso di momenti di vero cinema che si può passare sopra a tante ingenuità e cercare di concentrarsi solo sul totale ovvero su di un insieme di parole ed immagini che cercano di istigarci a porci domande sia sul come conduciamo la nostra vita, su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e su come spesso il contesto rischi di condizionare il nostro modo di giudicare. Tra le tante interpretazioni di un cast ricchissimo che va da Halle Berry a Susan Sarandon, passando per Jim Sturgees, Jim Broadbent e Ben Whishaw, vale la pena segnalare quella di Tom Hanks, dimagrito e finalmente in grado di tornare ai suoi standard dopo una serie di piccole parti o prove piuttosto svogliate. Tom Tykwer non solo è co-regista del film, ma ha anche co-firmato la colonna sonora per la quale è candidato all’Oscar. Un vero multi-talento.
La frase:
"Un libro letto a metà è come un amore mezzo vissuto".
a cura di Andrea D'Addio
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