Cinema Universale d'Essai
Una vetrina della fabbrica dei sogni come specchio della realtà. Ovvero una sala di proiezione di quartiere a Firenze - nata nel 1947 e attiva per un abbondante quarantennio - che ha ospitato una socialità popolare e “alternativa” e i suoi cambiamenti nel tempo. Il grande pregio del documentario ‘Cinema Universale D’Essai’ - liberamente tratto dal libro ‘Breve storia del Cinema Universale’ di Matteo Poggi e prodotto dall’associazione Navicellai (di cui Poggi fa parte) - sta nel ripercorrere quel pezzo di storia, grazie a più di 50 intervistati, foto e filmati di repertorio, musica underground cittadina del periodo ‘60-‘90, brevi inserti d’animazione.

Agli inizi, l’Universale proponeva anche varietà, prosa, operette, concerti e fungeva da luogo di ritrovo, evasione e doposcuola. Sopraggiunsero la concorrenza TV (per ‘Lascia o raddoppia’ si potevano interrompere le proiezioni) e quindi la scelta d’essai, con “fondi di magazzino”, programmazioni mensili e la raccolta di richieste degli spettatori. Il generale clima ribelle della seconda metà degli anni ‘70 portò comportamenti liberatori di massa, fantasiose “bischerate” (con alcuni episodi divenuti leggendari), eccessi. Poi ci furono la repressione (l’ingaggio di un buttafuori ex galeotto di zona che distribuiva ceffoni, o il film nel film dell’irruzione delle forze dell’ordine durante ‘Fragole e sangue’), l’eroina e il degrado dell’ultimo periodo, con il calo di pubblico, titoli ripetuti e poco ricercati, la chiusura/trasformazione in discoteca. Il tratto comune di tutto l’arco temporale è stata l’attiva partecipazione in sala, con commenti e battute (e relativa assunzione di responsabilità, per cui si veniva applauditi o mandati a quel paese) fino ad arrivare a canti e balli ai “musical”, slogan e canzoni politiche, cori da stadio contro la cassiera, l’operatore se c’erano problemi con l’immagine, la polizia. Il documentarista di indirizzo politico-sociale Federico Micali ha svolto un gran lavoro di raccolta di testimonianze e montaggio, restituendo alla memoria fiorentina e nazionale un mosaico vivo e dinamico.

La frase: "Ora c’è una selezione all’ingresso, prima invece ti spingevano dentro".

Federico Raponi

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