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Che vuoi che sia

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Francesco Lomuscio03 novembre 2016Voto: 6.5
 

  • Foto dal film Che vuoi che sia
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Quanto costa la tua intimità?
È vero che l’unica cosa bella di internet è la condivisione?
Sono solo due delle domande a cui tenta di rispondere il romano classe 1972 Edoardo Leo tramite la sua quarta fatica registica, vestendo anche i panni del protagonista Claudio, compagno della bella Anna alias Anna Foglietta, insieme alla quale continua a rimandare il progetto di un figlio nell’attesa di un miglioramento della loro situazione economica.
Come avvenuto in precedenti lungometraggi da lui interpretati, da “Smetto quando voglio” (2014) di Sydney Sibilia a “Loro chi?” (2015) di Fabio Bonifacci e Francesco Micciché, torna quindi a ricoprire il consueto ruolo di non più troppo giovane italiano abbastanza precario e in cerca di una svolta professionale, in questo caso attraverso il crowdfunding lanciato per sviluppare una sua piattaforma web.
Crowdfunding che, però, non sembra dare i risultati aspettati; almeno fino alla sera in cui, in preda all’effetto dell’alcool e alla delusione mentre torna da una festa insieme alla sua dolce metà, registra un video che posta per scherzo, dichiarando che girerà e diffonderà in rete un filmato hard con la donna una volta raggiunta una determinata cifra.

Ed è proprio la sequenza che vede i due, ubriachi, impegnati a conversare nottetempo in strada a rientrare tra le più esilaranti della oltre ora e quaranta di visione, destinata a costruirsi sulla tensione generata dal desiderio di sapere come andrà a finire la vicenda, man mano che le offerte da parte di un pubblico sempre più affamato di sesso virtuale aumentano.
Perché, se da un lato buona parte delle situazioni e battute atte a strappare risate viene affidata ad un Massimo Wertmuller calato nella parte di Manlio, padre di lui, e ad un grottescamente burbero Rocco Papaleo in quella dello zio Franco, oltretutto continuamente preso a battibeccare con la moglie Ivana, ovvero Marina Massironi, dall’altro è in maniera principale una critica rivolta all’universo dei social network e alla sempre più incontrollabile civiltà tecnologica d’inizio terzo millennio quella che emerge dall’operazione.

Quei social network che sembrerebbero fornire il diritto di parola agli imbecilli che prima lo avevano soltanto al bar e che Leo, come sempre, racconta ricorrendo ad un taglio registico decisamente fresco e moderno, tutt’altro che privo di una certa internazionalità.
Senza dimenticare neppure di tirare in ballo un divertente discorso riguardante la depilazione inguinale femminile e di ricordare che le due parole più belle del mondo non sono “Ti amo”, ma “Open bar” (!!!); al servizio di una commedia che dimostra di saper intrattenere a dovere lo spettatore spingendolo, allo stesso tempo, a riflettere.
Sebbene il breve momento in cui tende a virare maggiormente sulla tematica della coppia in crisi nel corso del secondo tempo rischi di generare qualche minuto di troppo e di distogliere dal già citato intento principale... sul quale, fortunatamente, si torna grazie all’azzeccatissima conclusione.


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