Carol
Un gioco di sguardi, un discorso banale e un erotismo sottile, elegante e misurato che si evince dai piccoli gesti delle due splendidi attrici protagoniste, Cate Blanchett e Rooney Mara. Questo è l’inizio della storia raccontata da Todd Haynes in “Carol”, ambientato nella New York dei primi anni ’50.
Nella pellicola la Carol del titolo è impersonata dal premio Oscar Cate Blanchett, che da vita a un personaggio ora forte, ora debole, convincente e dalle mille sfaccettature, tormentato e in lotta con se stessa oltre che con le convenzioni sociali del periodo in cui vive, e come sempre lo fa con maestria e travolgente forza comunicativa data, non solo dai dialoghi del suo personaggio, ma dai suoi gesti, dalle sue espressioni e dai suoi sguardi. Non le è da meno la giovane ma già bravissima Rooney Mara che interpreta Therese Belivet, commessa dei grandi magazzini e aspirante fotografa, seducente nella sua dolcezza, spontaneità e innocenza. La prima è una donna sposata con una bimba che adora, ma in procinto di divorziare dal marito ancora innamorato di lei. La seconda è fidanzata con un suo coetaneo che vorrebbe partire con lei e sposarla. Ma il primo incontro tra le due donne e un paio di guanti dimenticati segnano una svolta nella vita di entrambe. Infatti, al primo incontro ne seguiranno altri e l’attrazione e il sentimento di Carol verso Therese, e viceversa, crescono sino a sfociare in una vera e propria relazione d’amore, vissuta in un’epoca in cui impera il bigottismo e la relazione tra persone dello stesso sesso può essere il pretesto per una causa morale per l’affidamento di un figlio.
Una storia lineare, dove non sono i dialoghi a raccontare la maggior parte di quello che c’è nel film, ma a farlo sono soprattutto l’espressività delle due bravissime interpreti, che con un gioco di sguardi e un gesto, anche appena accennato, riescono a raccontare più di mille parole tutto quello che i loro personaggi stanno vivendo, i sensi di colpa, l’amore, il desiderio, la paura, la rabbia e la disperazione. Il regista guarda al tutto con uno sguardo raffinato e delicato e ci trasporta letteralmente in quel periodo, facendoci vivere le storie delle due donne, facendole diventare nostre. Un regista mai invadente, ma sempre presente, che una volta di più da prova della sua grande bravura dietro la macchina da presa dopo film apprezzati come “Lontano dal paradiso”, con una strepitosa Julianne Moore, e “Io non sono qui”, dove proprio la Blanchett incantava il pubblico nel ruolo di Jude.
Il film è di altissimo livello, con costumi meravigliosi firmati da Sandy Powell, vincitrice di ben tre premi Oscar (tra cui uno proprio per un film con la Blanchett, “The Aviator“ nel 2004), e una sceneggiatura, basata sul libro di Patricia Highsmith, curata da Phyllis Nagy che, al suo primo lavoro su un film per il grande cinema (precedentemente si era fatta apprezzare grazie al film televisivo “Mrs. Harris“ con Ben Kingsley e Annette Bening), ha già ottenuto la candidatura ai BAFTA, gli Oscar inglesi. Unica pecca che si può trovare nella pellicola è quella di alcuni passaggi decisamente lenti, ma comunque incastonati in un film perlopiù scorrevole e di grande qualità.
La frase:
"Il mio angelo piovuto dal cielo".
a cura di Redazione FilmUP.com
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