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Captivity
L'incipit richiama subito alla memoria "Saw-L'enigmista", l'arcinoto horror thriller diretto nel 2004 da James Wan, che ha generato anche tre sequel.
Ed anche in seguito, quando vediamo la splendida icona della moda Jennifer Tree (la Elisha Cuthbert del serial tv "24") che, improvvisamente, si risveglia in una buia stanza chiusa, senza porte né finestre, torna alla memoria la saga del sanguinario Jigsaw; tanto più che la ragazza prima scopre di essere costantemente spiata da un ignoto rapitore incappucciato, il quale non esita a farle affrontare estenuanti prove psichiche ed a porla dinanzi ad enigmi dall'esito estremo, poi viene a conoscenza del fatto che, al di là del muro della sua prigione, qualcun altro si trova nella sua medesima situazione.
Tra spazi chiusi, frullati di frattaglie ed un uso del sonoro volto a rendere ancora più fastidiosi gli impressionanti momenti di violenza, quindi, a mancare non sono certo la truculenza ed un particolare senso di claustrofobia, mentre qualcosa lascia presagire che il racconto voglia andare a colpire negativi aspetti del quotidiano vivere, come la bellezza quale unico mezzo per poter ottenere ogni cosa.
Perché, accanto all'esordiente Joseph Tura, come co-sceneggiatore ed autore del soggetto troviamo il master of horror Larry Cohen, che della celluloide ad alta tensione ha saputo fare uno strumento utile alla denuncia sociale, dirigendo titoli del calibro di "Baby killer" (1974) e "The stuff-Il gelato che uccide" (1985), o semplicemente occupandosi degli script di un'infinità di lungometraggi, tra cui la trilogia "Maniac cop" di William Lustig e "In linea con l'assassino" (2002) di Joel Schumacher.
Purtroppo, però, la delusione è dietro l'angolo, in quanto "Captivity", che comprende nel cast anche Daniel Gillies ("Matrimoni e pregiudizi") e Pruitt Taylor Vince ("La leggenda del pianista sull'oceano") e che segna il ritorno dietro la macchina da presa per il due volte candidato all'Oscar Roland Joffé, a sette anni da "Vatel", sembra ad un certo punto ricercare l'originalità che non possiede in una soluzione poco chiara (o semplicemente mal espressa per immagini), la quale finisce invece per testimoniare una volta per tutte la sua confusa natura di thriller come tanti altri.
Ma, a differenza di tanti altri thriller senza infamia e senza lode, non riesce neppure ad andare a parare da nessuna parte.
La frase: "Perché le cose più brutte succedono sempre alle persone più buone? E' questo il mistero".
Francesco Lomuscio
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