Capodanno a New York
Dal 1907, ogni 31 dicembre a Times Square, una sfera interamente fatta di luci simboleggia il nuovo anno. Un’istituzione per il popolo americano e una fonte non indifferente di guadagno per tutte le televisioni. Ecco lo sfondo di "Capodanno a New York", film corale prodotto e girato da Garry Marshall, con un cast letteralmente stellare: Robert De Niro, Michelle Pfeiffer, Halle Berry, Sarah Jessica Parker sono solo alcune delle numerosissime star che partecipano alla pellicola.
Difficile riassumere la trama poiché di fatto non si tratta di un racconto in tre atti, bensì di una serie di vicende, non legate fra loro, che coinvolgono un gran numero di personaggi. Il tentativo del regista è quello di un film a episodi: madre e figlia, l’ascensore, Times Square e così via... Ma il regista sembra non saper gestire tutte queste situazioni e la divisione in episodi quasi non si nota.
Una pellicola nel migliore stile classico, ineccepibile dal punto di vista tecnico e di ottima fattura, ma sterile. Regia e fotografia risultano del tutto asettiche: è chiaro fin da subito che si punta sui volti degli attori. Ciò che invece non convince è la sceneggiatura: le numerose storie non sono per nulla collegate, i personaggi non si conoscono (tranne nel caso di Efron e della Parker che sono fratello e sorella) per cui si passa da una vicenda all’altra senza soluzione di continuità; questo dimostra la debolezza della trama. Per altro, si tratta di vicende piuttosto scontate, di cui è facile prevede perfino la conclusione.
Una nota particolare va dedicata al cast: praticamente ogni attore che abbia almeno una battuta è conosciuto; ma questa commedia non può puntare su nient’altro, di momenti esilaranti non ce né nemmeno uno.
Visto il numero e il calibro degli sponsor (cui vengono dedicate persino delle inquadrature non utili al racconto) evidentemente il budget è eccessivo. Questo dato lascia insoddisfatti, si poteva fare molto di più dal punto di vista dei contenuti.
Celebrativo di una sola fascia sociale di Newyorkesi, suona un po’ come le commedie classiche anni ’40 e ’50 in cui si mostravano superficiali personaggi benestanti alle prese con feste e storie d’amore.
Troppi i personaggi, troppe le storie che vengono poco approfondite.
Lo spettatore non ha il tempo materiale per identificarsi in nessuna storia, di conseguenza, nemmeno di ricordarla.
Un film che non rimane nella memoria e non arriva al cuore. Probabilmente l’intento di Marshall non era questo; è da vedere quanto il pubblico apprezzerà questo elenco di nomi illustri a scapito di un racconto che si dimostra quasi inesistente.
La frase:
"Le seconde occasioni non scadono fino a mezzanotte".
a cura di Fabiola Fortuna
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