Brooklyn
"Prima non c'era niente per me qui". In un certo senso questa frase racchiude i concetti fondamentali del bel film di John Crowley, “Brooklyn”. Un melodramma dai toni dolce/amari che racconta la storia della giovane irlandese Eilis Lacey che, con nessuna prospettiva lavorativa degna di nota nel suo paese d’origine, decide di trasferirsi in America, aiutata dalla sorella e da un prete, che non solo le trova sistemazione nella casa di una donna che ospita delle giovani come lei, ma anche un lavoro e la iscrive a un corso di contabilità.
L’inizio della sua nuova vita non è facile per Eilis, tormentata dalla nostalgia del suo paese, ma soprattutto della sua famiglia e in particolare della sua adorata sorella, che per lei voleva un futuro migliore. Ma la giovane non si arrende e grazie anche all’amore di un avvenente italo-americano, Tony Fiorello, inizia ad accettare la sua nuova vita e a sentire Brooklyn come casa sua. Quando le cose sembravano andare per il meglio, una tragica notizia arrivata all’improvviso dal suo paese d’origine la obbliga a tornare in patria.
Al suo rientro nel paesino che ha abbandonato da molti mesi sembra che il destino voglia mettere ai suoi piedi tutto ciò che le mancava quando è partita: un lavoro da contabile e anche le attenzioni di un giovane scapolo della zona. Il suo cuore sarà diviso tra la tentazione di cedere a queste nuove lusinghe e il desiderio tornare alla vita che ha lasciato oltreoceano, quel mondo così moderno lontano dalla placida eleganza della verde Irlanda.
“Brooklyn” è, in fin dei conti, una storia semplice, raccontata con delicatezza e ben diretta, che si fonda su una buona sceneggiatura e la mano sapiente di un regista attento e capace. Soprattutto, però, la cosa più bella del film è il personaggio principale, la delicata, composta, sensibile ed estremamente umana Eilis; ritratto di una donna qualunque dalla vita “normale” che si trova sradicata dalla sua terra, fatta di alti e bassi, gioie e sofferenze, alla ricerca di un futuro migliore in un nuovo mondo.
Personaggio che si adatta estremamente bene alla bravissima e giovanissima Saoirse Ronan, candidata all’Oscar sin dal primo suo ruolo importante in un lungometraggio, “Espiazione”, e di nuovo per la parte di Eilis Lacey. Bella, eterea, sensibile ed elegante, riesce a incarnare alla perfezione un personaggio dalla dolce umanità e sensibile, rispettoso e composto, che soffre, piange, ma sa anche combattere, rialzarsi e guardare con coraggio al futuro, alla ricerca di sé stessa e della propria indipendenza.
Anche il resto del cast è interessante, anche se fa da cornice alla storia e nessuno di loro emerge mai realmente rispetto alla protagonista, se si eccettua il Tony di Emory Cohen che riesce a conquistare in fretta il cuore di Eilis.
Una pellicola, questa di Crowley, dall’impianto classico, forse anche troppo, piacevole, senza sbavature, capace di farci commuovere, ma non tesa al melodramma puro, sembra quasi voler essere uno spaccato della vita di Eilis, reale, forte, drammatico e gioioso, dei momenti bui e di quelli di speranza.
Si tratta di un lavoro ben svolto che porta a casa un voto discreto e lascia un senso di dolce malinconia.
La frase:
"Non conosciamo quasi nulla del resto del mondo".
a cura di Redazione FilmUP.com
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