Birdman o (l'Imprevedibile Virtù dell'Ignoranza)
Dopo “Gravity” di Alfonso Cuarón, l’onore di aprire la Mostra del Cinema di Venezia viene concesso, di nuovo, ad un regista messicano. Meglio ancora, viene conquistato: il Festival non poteva sperare in un debutto migliore.
Alejandro Gonzalez Iñarritu ha stupito tutti, a partire da se stesso, per la maestria con cui è riuscito ad appropriarsi senza difficoltà di un territorio cinematografico a lui distantissimo. Abituati come siamo a vederlo dipingere situazioni che sfondano la soglia del dramma, era faticoso immaginare che si calasse nella direzione di un film che a tratti è vagamente orientato verso la commedia e il fiabesco. Questa novità assoluta nella carriera di Iñarritu ha lasciato però intatti moltissimi aspetti a lui cari: prima di tutto, dietro il sorriso si nasconde sempre un profondissimo dramma, quello di Riggan Thomson, celebrità in declino che vive all’ombra del suo ruolo di maggior successo, quello del supereroe Birdman, e che cerca di riscattarsi scrivendo, dirigendo e interpretando uno spettacolo a Broadway. In secondo luogo, si mantiene la struttura corale della storia (“Amores Perros”, “21 grammi”, “Babel”), che ha sì al centro un protagonista, ma che nel seguirlo finisce per deviare verso chi gli sta attorno.
Il regista ha definito “Birdman” un film sperimentale, e di fatto lo è su due livelli: personale (“Ho scoperto cos’è ridere sul set”) e tecnico. Si tratta infatti, con l’eccezione di brevissimi segmenti all’inizio e alla fine della pellicola, di un lunghissimo piano-sequenza, due ore senza stacchi di montaggio che non rispettano le regole del tempo: attraversando una porta potrebbero essere trascorse due ore, dopo un movimento di macchina ci si può ritrovare avanti di un giorno. E in questo magnifico viaggio della cinepresa convivono la realtà oggettiva e la realtà “altra”, quella che nasce e muore nella mente del protagonista, filtro attraverso cui passano le vicende prima di giungere a noi. L’immaginazione valica i suoi argini e straripa nella quotidianità, e lo fa in maniera così sotterranea e spontanea da passare quasi inosservata finché non si dilata a tal punto da prendere il sopravvento.
Girare un film in questo modo implica una capacità organizzativa eccezionale, per fare in modo che tutto proceda senza interruzioni con la massima precisione possibile: Iñarritu ha provato per mesi ogni movimento di macchina. È stata una dura prova anche per gli attori, avendo a disposizione un solo shot, ma tutti hanno dimostrato una bravura davvero eccezionale, dal primo all’ultimo, a partire da Michael Keaton, Edward Norton, Emma Stone, Naomi Watts, Amy Ryan e Zach Galifianakis; si sono destreggiati in registri diversi ottenendo il massimo dei risultati.
Con Iñarritu che si conferma uno dei numero uno a livello mondiale, la Mostra debutta in modo eccezionale.
La frase:
"A thing is not a thing, not what is said about a thing".
a cura di Luca Renucci
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