Bianco e nero
La società vista da un salotto buono. Tre donne, bianche, italiane, hanno abbozzato – a livello sceneggiatura - le personalità di una donna senegalese e di un uomo, così come la dinamica che li fa innamorare. Un primo punto di vista (doppiamente) esterno, quindi. Cristina Comencini – in collaborazione con l’organizzazione sanitaria senza fini di lucro Amref - ha ricercato, nel trattare il tema, quella leggerezza con cui ne parlavano a lei le coppie miste incontrate, che erano poi state lo spunto per il film. Insieme ad un riferimento dichiarato (“Indovina chi viene a cena?”, ma pure l’Alberto Sordi di “Tutti a casa” in qualità di italiano normale in un situazione di eccezionalità), un cast attoriale - a maggioranza femminile - onesto e simpatico, dinamico.
Delle due comunità chiuse in sé (“se ognuno se ne sta al posto suo tutto fila liscio e tutti si vogliono bene”), la regista punzecchia il sotterraneo razzismo bifronte, misto di senso di colpa (il peso del “farsi perdonare la cameriera nera”), paura, senso di superiorità da una parte, ostilità da “mimesi di conflitti storici” dall’altra, ma anche freno ad una reciproca attrazione. Esalta invece l'incontro come fattore di cambiamento e vitalità, capace di abbattere le barriere culturali, sociali e sovvertire i ruoli (grazie alla forza della passione, contrapposta all’impegno umanitario in modo un pò qualunquista), e proprio il doppio finale mostra quanto - secondo la cineasta - gli ostacoli siano imposti dal senso comune (“alla lunga – si dice del mescolamento sentimentale - non funziona mai”), e non dalla responsabilità verso coniugi e figli. Il ricorso a forzature simboliche (la bambola bianca e quella nera, Volo e Maïga camerieri, una Piazza Vittorio interamente di pelle scura) tuttavia non fa che evidenziare un approccio arretrato, parziale, di superficie. Perchè la borghesia nera in Italia è (ancora) una rarità e il razzismo si esprime oggi con altre caratteristiche e verso altre minoranze, sebbene nessuno sponsor si sia reso disponibile per gli abiti dei due interpreti franco-africani.
La frase:
- "Nè negri, nè di colore. Come si dice?"
- "Neri".
Federico Raponi
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