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Bellas Mariposas











Perennemente accompagnato dalla voce narrante della stessa protagonista, che non manca neppure di rivolgersi in maniera diretta allo spettatore, parte dall’omonimo romanzo di Sergio Atzeni il terzo lungometraggio diretto da Salvatore Mereu, autore di "Ballo a tre passi" (2003) e "Sonetàula" (2008).
In questo caso, però, della nativa Sardegna non è più l’aspetto rurale a essere immortalato, bensì quello più squallido di un tutt’altro che lussuoso quartiere della periferia di Cagliari, non molto distante dal napoletano Scampia o dal palermitano Zen.
Quartiere in cui seguiamo le avventure della undicenne Cate alias Sara Podda, la quale, spesso in giro con la sua migliore amica Luna, con il volto di Maya Mulas, sogna di fare la cantante e non vuole finire né come la sorella Mandarina, con le fattezze di Silvia Coni e rimasta incinta a tredici anni, né come Samantha, ragazza oggetto del posto interpretata da Karina Dyatlyk.
E, nel ruolo di una strega che legge il futuro, troviamo anche Micaela Ramazzotti coinvolta nei circa cento minuti di visione, man mano che apprendiamo che Gigi alias Davide Todde, vicino di casa della ragazza, nonché unico che merita il suo amore, potrebbe essere ucciso da uno dei tanti fratelli di lei; figlia, oltretutto, di un padre "pezzemerda".
Padre che, incarnato dall’eccellente Luciano Curreli visto, tra l’altro, nella fiction televisiva "Uno bianca" (2001), finisce per regalare uno dei momenti più divertenti dell’operazione nella sequenza in cui si chiude in bagno per guardare le trasmissioni erotiche.
Perché, al di là della generale situazione drammatica ritratta, il film di Mereu assume, in maniera inevitabile, i connotati di un indefinibile oggetto del desiderio dal taglio fresco e simpatico, ma che, pur affrontando il tutto con un linguaggio di sicuro adatto al pubblico dei giovani, non manca di mostrarli altamente sboccati e di tirare in ballo tematiche sessuali decisamente adulte.
Tanto che potremmo giudicarlo con le stesse parole usate dal regista per definire il libro di Atzeni: “Ogni più piccolo episodio della giornata di Cate e Luna, anche quello più vicino alla peggior cronaca, è sempre stemperato da un’ironia sottile e da una capacità di sorridere di se stessi rara nella nostra letteratura e nel nostro vissuto, almeno quanto l’intrusione continua della lingua parlata in quella scritta”.

La frase:
"Ma cosa pensa, che io sono come Mandarina? Io voglio essere vergine e cantante".

a cura di Francesco Lomuscio

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