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Backstage
I primi 15 minuti di questo film sono tra i più intensi e potenti della recente cinematografia europea (e non).
Innanzitutto il concerto iniziale, dove la macchina da presa coglie nella fotogenia dei fan tutta l'allucinazione drammatica del fanatismo pauroso, con gente che piange sbavando urlando il nome della protagonista rockstar: Lauren.
E poi, quella sconvolgente critica al mondo dei mass media e la manipolazione televisiva dei sentimenti umani, che mostra subito la bravura della regista Emmanuelle Bercot nel dirigere Isild Le Besco, intensissima mentre dentro di lei scoppiano come comete impazzite i sentimenti più opposti: gioia/dolore, rabbia/serenità, lucidità/caos mentale, il tutto con scambi di frame dinamicamente frastornanti ed un'estetica degradata e sporca, così come è degradato e sporco questo gioco di follia che è il mondo della musica visto dal backstage, oltre i video-clip musicali, oltre gli awards e le feste.
Quello di Bercot è uno sguardo critico e molto umano. Ci spoglia davanti una rockstar per mostrarci che anche i divi devono affrontare i problemi più umani, oppure, guardando ancora con più attenzione: che i soldi non fanno la felicità.
Backstage è innanzitutto un'indagine psicologica introspettiva di due persone uguali ed opposte: Lauren e la sua fan. Entrambe vivono per l'amore di qualcun altro, e vivono questo affetto non corrisposto con una sorta di pazzia nella completa disintegrazione della razionalità.
Il tutto assume quindi un tono inquietante. Osservare questa fan disposta a buttare la propria vita pur di non perdere il suo legame con la cantante preferita è ancora una volta un invito a riflettere su quanto il mondo di oggi sia disperatamente rilegato a dei modelli che vengono sottoposti ai giovani.
Oppure, vedendolo in modo malato: è la potenza iconografica dell'arte musicale, capace di cambiare le vite delle persone fino a portarle alla pazzia. Insomma, da qualunque lato lo si giri, Backstage è un film che provoca sentimenti ed emozioni: Bercot ci fa ragionare e pensare, e alla fine, ci prende di stucco con il climax del grottesco.
Peccato solo per diverse banalità, come il testo della canzone finale, che senza pensarci più di tanto sfiora il trash più profondo. Ma Backstage rimane Cinema interessante e coraggioso, confermando ancora una volta l'eterogeneità del Cinema Francese.
La frase: "Cosa facevi prima di conoscermi? Ti masturbavi davanti ai miei poster?"
Pierre Hombrebueno
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