Le migliori cose del mondo
Con le fattezze dell’esordiente Francisco Miguez, il quindicenne Hermano detto Mano vive spensieratamente le proprie giornate tra suonate di chitarra, risate con gli amici, scorribande in bicicletta e divertimento in discoteca; fino al momento in cui, però, l’improvviso allontanamento del padre da sua madre gli fa capire che non è sempre facile diventare adulti.
E’ lui il protagonista del terzo lungometraggio di finzione a firma della brasiliana classe 1969 Laís Bodanzky, la quale – autrice di "Bicho de Sete Cabeças" (2001) e "Chega de Saudade" (2007) – prende liberamente ispirazione dalla serie di libri "Mano" di Heloísa Prieto e Gilberto Dimenstein per raccontare su celluloide, appunto, la tanto sognata libertà di un adolescente che, improvvisamente, si trova catapultato nel complesso mondo dei grandi.
Adolescente di cui seguiamo le lezioni presso il proprio istruttore di chitarra, che gli insegna a suonare la beatlesiana "Somehing", e che vediamo diventare l’uomo di casa insieme al fratello maggiore, man mano che scopre l’importanza della tolleranza e il vero significato dell’amicizia.
Perché, tra lotta per mantenere la popolarità a scuola, modifica del rapporto con i propri genitori e arrivo delle prime esperienze sessuali, è l’amica Carol alias Gabriela Rocha a rappresentare una delle fondamentali figure coinvolte nell’oltre ora e quaranta di visione, atta a filtrare attraverso un’ottica giovanile la quotidianità spesso tempestata di pettegolezzi a base di internet e telefoni cellulari.
Una quotidianità che accompagna il protagonista verso il superamento delle insicurezze e dei preconcetti al fine di scoprire l’amore; mentre la regista, supportata in particolar modo dalla lodevole prova del cast, costruisce il gradevole insieme privilegiando lo sviluppo dei non sempre rosei rapporti tra i diversi personaggi.
Confezionando il tutto con un non disprezzabile taglio internazionale e ricordando non solo che bisogna sapere cosa si sta sbagliando per poter fare la cosa giusta, ma anche – e soprattutto – che non è impossibile essere felici una volta cresciuti, è soltanto più complicato.
La frase:
"Quando ho scoperto che la Befana e Babbo Natale erano tutte cavolate, mi sono sentito tradito, ma scoprire che la mia famiglia non esiste più è la cosa peggiore del mondo, è terribile".
a cura di Francesco Lomuscio
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