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Amoreodio











Nella realtà, si chiamano Erika De Nardo e Mauro Favaro detto Omar, fidanzatini di Novi Ligure responsabili nel 2001 – rispettivamente all’età di sedici e diciassette anni – delle uccisioni della madre e del fratellino della ragazza, forse perché divenuto scomodo testimone del delitto.
Sul grande schermo, con le fattezze della Francesca Ferrazzo vista in “Scusa ma ti chiamo amore” e sequel e del Michele Degirolamo proveniente dal teatro e dalla televisione, assumono i nomi di Katia e Andrea e vivono in una cittadina di provincia dei giorni nostri; dove non solo consumano incontri sessuali clandestini all’interno di un casolare abbandonato, ma la prima, che si concede di nascosto ad altri ragazzi e guarda video proibiti su internet, trascina nel suo vortice di immoralità e trasgressione il secondo, fino alle tragiche conseguenze di cui la cronaca nera ha provveduto a metterci al corrente.
Perché l’intento del lungometraggio d’esordio di Cristian Scardigno non è quello di raccontare fedelmente al cinema un fatto realmente accaduto, bensì partire dai tratti salienti di esso per fornire una riflessione relativa alle inquietudini legate al complesso universo adolescenziale sviluppatosi nei primi tredici anni del XXI secolo, tanto ricco di mezzi tecnologici di comunicazione quanto in grado di generare isolamento e distacco dal mondo concreto.
Del resto, i due ottimi protagonisti si rivelano incapaci di interagire con l’esterno circostante ritrovandosi soli e confinati in una terra di nessuno, in un continuo gioco di provocazioni destinato a sfociare nel sanguinario gesto che arriva a circa metà dei cento minuti di visione.
Cento minuti costruiti su lenti ritmi di narrazione, ma che dimostrano sempre di saper catturare l’attenzione dello spettatore; man mano che il tutto viene orchestrato sul progressivo rapporto instaurato tra Katia e Andrea e su quello litigioso che lei porta avanti con i genitori.
E, sebbene, come già precisato, la vicenda prenda il via da una tragedia vera, tutt’altro che banale appare l’epilogo del piccolo, riuscito prodotto, di cui il suo autore, giustamente, osserva: “Ci troviamo di fronte ad una storia di assenze e di mancanze. Sono assenti gli adulti e gli affetti, sono aridi i sentimenti e mancano i rapporti sani e di confronto”.

La frase:
- "È divertente"
- "È pericoloso"
- "È divertente, prova almeno una volta, lo facciamo insieme".

a cura di Francesco Lomuscio

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