Ambo
Nonostante il titolo, non si tratta né di un film a tematica natalizia, né di una pellicola incentrata sul tanto gettonato gioco del Lotto.
Il primo lungometraggio diretto dall’abruzzese Pierluigi Di Lallo che qualcuno ricorderà, tra l’altro, nei panni di un avvocato nella commedia “Una cella in due” (2011) di Nicola Barnaba, interpretata dai comici Enzo Salvi e Maurizio Battista, pone al proprio centro Giulio, Veronica e il piccolo Marzio, padre, madre e figlio rispettivamente con le fattezze di Adriano Giannini, Serena Autieri e Marzio Falcione.
Famiglia che vivrebbe felice in quel di Atessa, comune in provincia di Chieti, se non fosse per il fatto che, improvvisamente, complice un fratellino che la coppia desidererebbe tanto dare a Marzio ma che, a quanto pare, non vuole saperne di arrivare, Giulio comincia a dubitare che il bambino sia veramente suo genito.
Ed è da qui che, man mano che fa la sua entrata in scena un Maurizio Mattioli divertente come al solito nei panni del simpatico barbiere Nando, la vicenda raccontata si struttura in maniera progressiva sulle inspiegabili incomprensioni tra marito e moglie e, in particolar modo, sulle ricerche effettuate dal primo per capire se, effettivamente, Veronica lo abbia a suo tempo tradito per poi mettere al mondo Marzio, concepito con un altro uomo.
Ma, tra una Sara Putignano impegnata ad aiutare la donna nel ruolo della sorella Letizia ed il presentatore televisivo Enrico Papi coinvolto in un falso funerale manco fossimo in un episodio della saga “Amici miei”, la comicità che dovrebbe emergere dalle imprese di Giulio – supportato dall’amico Cesareo, ovvero Riccardo Graziosi – tende quasi sempre a rimanere inavvertibile.
Di conseguenza, pur avendo a disposizione un cast che ce la mette davvero tutta (con il citato Mattioli, purtroppo, poco presente) e sfruttando una non disprezzabile colonna sonora comprendente, oltretutto, canzoni di Noemi, Di Lallo si ritrova a mettere in piedi un’operazione neppure disprezzabile per quanto riguarda la confezione tecnica, ma decisamente noiosa e tutt’altro che coinvolgente dal punto di vista del ritmo narrativo.
Tanto che, in mezzo ad equivoci, sospetti infondati e, addirittura, un imprevisto con un cavallo, sorge quasi spontaneo pensare che avrebbe difficilmente funzionato perfino come fiction destinata al piccolo schermo questo insieme volto in maniera piuttosto banale a ribadire che l’amore ha la meglio su tutto, che la famiglia è la cosa più importante e, soprattutto, che i figli sono di chi li cresce.
La frase:
"No dai, Giulio, non mi dire che sei geloso di Michele".
a cura di Francesco Lomuscio
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