A Christmas Carol
"E’ come se Charles Dickens avesse scritto questa storia con l’intenzione di farla diventare un film, considerando la sua forza visiva e cinematografica. E’ la migliore storia di viaggi nel tempo mai scritta e io volevo realizzare il film nel modo in cui ritengo fosse stato originariamente concepito dall’autore".
A parlare è uno che di viaggi nel tempo se ne intende, visto che è il Robert Zemeckis cui dobbiamo la trilogia "Ritorno al futuro" e che, a due anni da "La leggenda di Beowulf" (2007), torna a fare uso del procedimento denominato performance capture – basato sulla cattura digitale delle interpretazioni degli attori tramite cineprese computerizzate che spaziano a 360 gradi – al fine di rivisitare in maniera decisamente innovativa il mitico "Canto di Natale" di Charles Dickens, pubblicato nel 1843.
Procedimento che ha permesso al grande Jim Carrey d’incarnare non solo l’avaro Ebenezer Scrooge nei diversi momenti della sua esistenza, ma anche i tre fantasmi del Natale Presente, Passato e Futuro che gli vanno a fare visita durante le festività che tanto disprezza.
Una performance in cui, sicuramente, non avrebbe sfigurato neppure il Crispin Glover già più volte al servizio di Zemeckis (era il George McFly del citato "Ritorno al futuro"), mentre anche Gary Oldman, Colin Firth, Bob Hoskins e altri nomi noti della celluloide si nascondono nei vari personaggi di contorno; coinvolti in un’atmosfera fortemente cupa che, se da un lato ricorda non poco le favole dark di Tim Burton, dall’altro non fatica a sfiorare l’horror (basterebbe citare l’immagine del due bambini che rappresentano l’ignoranza e la miseria).
D’altra parte, tenendo in considerazione l’argomento trattato nell’intramontabile storia di redenzione dickensiana, è forse proprio questo il giusto clima per poterla raccontare su pellicola, ulteriormente impreziosita dal sistema di visione in RealD 3D che, in mezzo ad accentuata profondità degli oggetti e protagonisti che sembrano varcare la linea divisoria tra schermo e pubblico, fornisce soprattutto l’illusione di veder cadere la neve in sala.
Però, tra immancabile ironia e un buon ritmo narrativo che non consente di chiudere occhio, è proprio questo l’unico momento in cui si respira fortemente la magia del Natale; per il resto, al di là della parte finale, l’impressione generale è quella di trovarsi immersi in un prodotto sostanzialmente freddo, incapace di colpire al cuore come invece seppero fare cartoon del calibro di "Canto di Natale di Topolino" (1983) o – tanto per rimanere in casa dell’autore di "Forrest Gump" – "Polar express" (2004), che segnò l’esordio della performance capture.

La frase: "Festeggia il Natale come ti pare e lasciamelo festeggiare come mi pare".

Francesco Lomuscio

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