22 Jump Street
Dopo un veloce riassunto del precedente "21 Jump street" (2012), a firma degli stessi Phil Lord e Chris Miller che – autori dei lungometraggi d’animazione "Piovono polpette" (2009) e "The Lego Movie" (2014) – tornano anche qui al timone di regia, ritroviamo in scena Channing Tatum di "G.I. Joe - La nascita dei Cobra" (2009) e il Jonah Hill candidato all’Oscar per "L’arte di vincere" (2011) rispettivamente nei panni di Jenko e Schmidt, i due nemici di scuola che abbiamo visto diventare improbabili amici all’Accademia di Polizia, oltre che ritrovatisi a lavorare sotto copertura all’interno di un liceo.
Jenko e Schmidt che, derivati dal popolare telefilm andato in onda dal 1987 al 1991 ed interpretato, tra gli altri, dal Richard Grieco qui impegnato soltanto in una fugace apparizione nel corso dei titoli di coda, come pure il Seth Rogen di "Facciamola finita" (2013) e la Anna Faris della saga "Scary movie", passano in questo caso dalle scuole superiori al college, in mezzo a giocatori di football e scena artistica bohémien.
Ed è immediatamente un inseguimento a bordo di un camion pieno di animali ad introdurre la nuova avventura, il cui villain è rappresentato da uno spietato boss della droga con le fattezze di Peter Stormare e durante la quale Ice Cube torna a ricoprire il ruolo del capitano Dickson, al centro di diverse esilaranti situazioni (citiamo soltanto quella del ristorante) e stavolta affiancato da una moglie incarnata da una non accreditata Queen Latifah.
Del resto, sebbene non risultino affatto assenti sparatorie ed elicotteri pronti a fare la loro entrata in cielo, la esplosiva miscela di vicenda poliziesca e scorretto umorismo a stelle e strisce che aveva caratterizzato il primo film sembra in questo caso tendere a privilegiare il tono da commedia rispetto al lato relativo alla spettacolarità.
Quindi, mentre apprendiamo che i due protagonisti, parallelamente al caso da portare a termine come infiltrati, si trovano anche alle prese con la personale crescita e il rapporto che li lega, quello che prende progressivamente forma si rivela un sequel che, nel tentativo di ripetere l’exploit di due anni prima, rischia di apparire a tratti ripetitivo (al di là della struttura ripresa dal capostipite, ne ripropone anche la gag dei trip allucinogeni) e, di conseguenza, di scadere più volte nella fracassona monotonia.
Nonostante il divertimento non manchi e, comunque, rimaniamo dalle parti di un’operazione da guardare soprattutto in una serata tra amici... fino alla lunga sequenza conclusiva che si svolge nel pieno dello Spring break.
La frase:
- "Cavolo, non pensavo che lo Spring break puzzasse così tanto"
- "Fa abbastanza schifo".
a cura di Francesco Lomuscio
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