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11 Settembre 2001
Ad un anno dagli eventi che hanno radicalmente cambiato la storia moderna, undici registi di paesi diversi (si, l'Italia non c'è) sono stati chiamati ad omaggiare le vittime ed a ricordarci quello che è successo, ognuno con la sua particolare impronta, ognuno con la sua sensibilità ognuno con la totale libertà di esprimersi e tutti con a disposizione 11 minuti, 9 secondi ed 1 frame:
Samira Makhmalbaf (Iran) - Alla vigilia del crollo delle Torri, il terrore si impadronisce di un gruppo di profughi afgani convinti che Bush li bombarderà. Il febbrile lavoro per costruirsi delle fortificazioni in grado di resistere ad un eventuale bombardamento, viene contrastato dalla maestra del villaggio che tenta di far capire ai bambini che dei mattoni di fango non fermeranno una bomba atomica (ma nemmeno una normale!). Un'impostazione ed un'ambientazione suggestiva che però ricordano un po' troppo le trasmissioni TV con protagonisti i bambini.
Interessante
Claude Lelouch (Francia) - Il sessantacinquenne regista transalpino si dimostra ancora un maestro indiscusso con una storia ambientata a New York, con protagonista una donna sordo-muta ed il suo compagno. Lei è convinta che il mondo finirà, perché il suo compagno probabilmente non l'ama più e mentre scrive una lettera struggente, le Torri crollano e lei aspetta un segno dal cielo. Un tocco decisamente francese per un corto giocato sull'assenza dei rumori, come la vita della protagonista.
Elegante
Youssef Chahine (Egitto) - La tragedia vissuta con gli occhi di un arabo illuminato che si scontra con l'ottusità degli estremisti di ambo le parti. Una conversazione tra lo stesso Chahine e gli spiriti di un marines e di un integralista. Ognuno sembra aver ragione, ognuno ha torto. Alla fine resta solo la morte. Interessante l'approccio, ma girato in maniera decisamente superficiale.
Conformistico
Danis Tanovic (Bosnia) - L'11 settembre per un Bosniaco può avere significati molto più personali ed altrettanto drammatci, soprattutto in una nazione sempre in guerra. Un po' troppo autocommiserativo e poco globale l'omaggio del regista di "No Man's Land".
Fiacco
Idrissa Ouedraogo (Burkina Faso) - Un gruppo di giovani ragazzi africani scopre che Bin Laden si è rifugiato nella loro città e che su di lui c'è una taglia di 25 milioni di dollari. Quale miglior occasione di avere a disposizione una quantità di denaro tale da poter cambiare il mondo? Eccezionale l'accorato appello mentre Bin Laden decolla: "No, Bin Laden abbiamo bisogno di te!".
Una visione ottimistica che invece di indulgere sui morti cerca la speranza per il futuro.
Solare
Ken Loach (Regno Unito) - Il caro Loach non ha voluto perdere l'occasione per ricordare i caduti, ma allo stesso tempo schiaffeggiare l'America. Un cileno scrive ai genitori delle vittime ricordandogli che l'11/09/1973, in Cile venivano massacrati migliaia di innocenti mentre Pinochet saliva al potere. Gli americani non sono le uniche vittime e soprattutto urlano la "loro" giustizia e liberta dimenticandosi che mostri come Pinochet sono state loro creature (Kissinger, Nixon e la CIA). Con i toni paternalistici che si userebbero con uno scolaretto, Loach cerca di fa capire agli americani che esistono anche altre realtà oltre quella dei media.
Standing ovation
Alejandro Gonzalez Inarritu (Messico) - Silenzi, esplosioni, schermo nero e schermo bianco. Spezzoni d'orrore con gli uomini che si lanciano nel vuoto. Voci concitate, notiziari che si sovrappongono ed una massima: "La luce di Dio ci guida o ci acceca?". Un po' troppo spettacolarizzato ed ammiccante.
Videoclip
Amos Gitai (Israele) - Un giorno di ordinaria follia a Gerusalemme, un giorno di attentati e morte e su tutto gli sciacalli che si cibano di morte: i giornalisti.
L'11/09/2001 non sarà il giorno in cui la reporter israeliana farà lo scoop della sua vita con due morti e parecchi feriti, poiché la linea è a New York, dove l'audience può nutrire meglio il suo macabro voyeurismo.
Militante
Mira Nair (India) - Il contraccolpo invisibile dell'attentato, come una sorta di radiazioni post-nucleari, colpiscono indistintamente tutti i mussulmani presenti negli States. Il sospetto e la rabbia sono troppo forti e quello che potrebbe essere una vittima diventa automaticamente un complice. Da una storia vera (come piace agli americani) la regista indiana ricava una lezione di vita.
Impegnato
Sean Penn (USA) - E' sempre più evidente il talento del giovane cineasta. Bando alla retorica, via l'indulgenza dell'autocommiserazione e niente bandiere a stelle e strisce. Un uomo semplice vedrà coronato il suo sogno, proprio grazie al crollo delle Torri, ma questo concretizzerà anche il suo peggior incubo. Zero retorica e grande poesia.
Geniale
Shohei Imamura (Giappone) - In realtà un messaggio contro le guerre attraverso un reduce del secondo conflitto mondiale: sconvolto dagli orrori vissuti il protagonista si riduce ad un uomo serpente ed a nulla valgono i tentativi di riportarlo alla realtà. Premesso che forse mi sfugge la logica della filosofia del Sol Levante, il corto è comunque decisamente inutile.
Fuori tema
Alla fine una bella prova corale che ci piacerebbe veder ripetuta in altri contesti, magari un po' più mondani.
Indicazioni: per tutti e soprattutto per quelli che vogliono "aprire la mente".
Valerio Salvi
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