Zulu Love Letter
Una Zulu love letter è, secondo la tradizione, una sorta di arazzo colorato con incastonate, tra perline, conchiglie e specchietti, dichiarazioni testimonianze e souvenir di vita della persona a cui si dedica.
La figlia di Thandeka decide di dedicare questo lavoro alla madre ed al ragazzo, ora morto, che ne condivise la prigionia sotto il regime sudafricano.
Thandeka è stata una militante di prima linea negli anni passati ed ha pagato questo suo impegno con detenzione e maltrattamenti. Non è che oggi la sua posizione si sia ammorbidita, anzi è ancora in cerca di giustizia, seppur con mezzi diversi, per il suo compagno di lotta ucciso barbaramente dalle "squadre" della polizia.
Le pressioni a cui è sottoposta per evitare che testimoni sull'accaduto si riflettono anche sulla sua famiglia e sul rapporto con la figlia, sorda fin dalla nascita, Simangaliso. Il difficile rapporto con un marito che non ne condivide appieno l'aspetto militante e l'incomunicabilità con la figlia sembrano schiacciarla sempre di più nell'indecisione se testimoniare o meno.

Un Sud Africa lacerato dalle contraddizioni è quello restituitoci da Ramadam Suleman, la vittoria sull'apartheid - dopo le prime elezioni democratiche, sembra essere soltanto fittizia visto che i leader di colore ora ci sono, ma devono vivere blindati nelle loro case e che scomodi testimoni possono essere minacciati alla luce del giorno da chi dovrebbe proteggerli.
Film tipicamente festivaliero dove la scarna regia è asservita ad una narrazione dove la denuncia e l'analisi delle ripercussioni sui rapporti familiari sono le tematiche portanti. Difficilmente incontreremo questa pellicola nei normali circuiti, schiava delle regole del mercato. Peccato perché il "popolo" dei festival ne ha viste tante da poterne quasi più, mentre il "mondo" così poche da non sapere quasi che ne esistono.

La chicca: viene citato Il ritorno di Django pellicola degna della rassegna dei B movies italiani di culto.

La frase: "Per te lottare significa scegliere tra due marche di cellulare."

Valerio Salvi

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