Woody
"Woody" come Woody Allen. Resta poco da dire, ma tanto da vedere in questo documentario molto ben confezionato da Robert Weide che accompagna, da osservatore invisibile, l’intero arco biografico del grande talento newyorkese, dai suoi incubi scolastici alle sue relazioni amorose, dalle sue prime performances al Blue Angle alle sue profonde riflessioni sulla morte, da cui viene sempre sconfitto.
Due ore di risate, senza dubbio, in compagnia di una tra le menti più brillanti della storia del cinema, in cui vengono mostrate le gag più famose, molto slapstick, le battute più spiazzanti, le osservazioni fuori luogo dell’ebreo più comune e nevrotico di Brooklyn, capace di strappare una risata su qualsiasi argomento, ovviamente tra i più seri. Due ore di filmografia e biografia che si spiegano a vicenda, mostrando una parabola artistica e stilistica difficilmente catalogabile che spazia tra i registri più disparati del cinema di genere. Weide è bravo a scegliere tranci di film tra i più famosi per commentare la vita di Woody: è un piacere rivedere Allen giovane, con una folta e disordinatissima capigliatura rossa e risentire la sua famosa comicità così diversa da quella più matura dei giorni nostri.
Mentre scorrono grandi e piccole opere, si intravedono grandi personalità, tra le quali spiccano le donne che hanno condiviso un legame artistico con Woody: da Diane Keaton fino a Scarlett Johansson, passando per Dianne Wiest, Mira Sorvino e Penelope Cruz; il suo rapporto con gli attori – forse più attrici – è un aspetto che viene molto approfondito da Weide che preferisce evitarne altri, come la mania per la psicoanalisi del regista, elemento stranamente assente nel trattamento della biografia. Critici cinematografici e una breve apparizione di Martin Scorsese rendono davvero interessante il racconto che viene letto in filigrana con occhi "recensori".
Tutta la storia è, ovviamente, commentata dallo stesso Woody Allen con capelli bianchi, cappello e immancabili occhiali, nel suo appartamento mentre mostra la sua macchina da scrivere e ci accompagna per le vie della sua Brooklyn; che commenta la propria vicenda estetica e umana con il suo tipico distacco e la sua ironia e immancabilmente lancia ciniche e spassosissime battute sulla persona che prende in giro più volentieri, se stesso. Il film strappa più di una risata ed è un giusto pegno al merito di un grandissimo artista che sembra non conoscere tramonto.
La frase:
"I suoi film pongono sempre domande senza risposta: per questo sono così interessanti".
a cura di Matteo Brufatto
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