Voy a explotar
"Voy Explotar" ossia "Sto per espoldere" racconta il dramma adolescenziale di due ragazzi, uniti dai loro problemi e dal loro desiderio di evasione, che sfocia in una tragica storia d’amore.
Presentato alla 65esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica nella sezione "Orizzonti", narra semplicemente un momento difficile della vita di tutti e forse nella realizzazione di quest’opera il regista ha messo un pò di suo, infatti da giovane pare abbia avuto molti problemi a scuola, tanto da cambiarne più d’una. E’ questo l’elemento che potrebbe avvicinarlo al protagonista Roman, un ragazzo che sogna la libertà dalle autorità scolastiche, dal padre insensibile e dedito al lavoro, dai compagni di classe. La pellicola si apre con questo "futuro" uomo che scrive su un diario il suo progetto di entrare con la pistola e uccidere tutti, chi non saprebbe legare questo soggetto ai fatti di cronaca degli ultimi tempi?
Improvvisamente una lacrima riga il viso del ragazzo cui si accompagna la figura di lei, anche lei sta raccontando alla pagina la sua insoddisfazione, il suo non riuscire ad essere perfetta e a sbagliare qualsiasi cosa faccia. Per lui vengono usati dei filtri grigi e azzurri, mentre per lei dei filtri rossi per diversificare e al tempo stesso avvicinare questi "mondi" sofferenti. Sono due persone diverse, che il destino improvvisamente decide di far incontrare. Simili e differenti per sentimenti si trovano ad architettare un piano di fuga, che viene però messo a rischio da elementi inaspettati. Nella solitudine del mondo trovano improvvisamente il proprio gemello, l’amico del cuore, l’amore. Favorito dalle esperienze vissute nella sua adolescenza o da quelle ascoltate nel club di cinema da lui fondato "Zero for Conduct", sembra riuscire a cogliere le sfumature di un mondo e di un’età diversa dalla sua, il sentimento di ribellione dal mondo dei grandi, la sofferenza per gli orrori che li circondano.
La loro voce, l’urlo di lotta contro tutto questo non viene ascoltato dalle persone, che sembrano avvilirli... unica speranza è la fuga nel tentativo di costruire una vita migliore. La sceneggiatura, seppur ben costruita, caratterizzata da sensazioni e sviluppi in qualche modo inaspettati, non riesce a coinvolgere lo spettatore o a stupirlo, tutto scorre senza alcun cambiamento di ritmo. Spesso vi sono dei salti abbastanza forti nell’immagine e nei quadri di ripresa, nel tentativo di dare un senso di contemporaneità agli eventi, creando alcune lacune nella storia, che se pur non ne inficiano la totale comprensione della narrazione, lasciano dei punti interrogativi, delle cose non dette. Traspare uno studio attento dei meccanismi interni alla storia e al suo svolgimento, così come la ricerca dei dettagli legati all’ambiente, che fa da sfondo alle vicende. Tutto ha inizio in Messico in un’imprecisata città, gremita di persone e di vita, ma nonostante questo Maru e Roman sono soli, alla ricerca di attenzione da parte dei genitori. Vi è una forte ironia e scherno legato al mondo degli adulti, che loro detestano e da cui cercano di evadere, vi è forse una sorta di condanna da parte del regista, ma non legata all’età, quanto più che altro all’animo e al carattere di questi grandi.

La frase: "Io lo guardavo e sentii che non ero sola".

Federica Di Bartolo

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