Villalobos
Piccolo manuale filmato per essere un DJ di successo, cosi si potrebbe definire "Villalobos".
Presentato in anteprima mondiale alla 66esima Mostra del Cinema nella sezione Orizzonti, con la presenza in sala dello stesso Villalobos, il documentario dal taglio classico del regista tedesco Romuald Karmakar ha come protagonisti il famoso DJ Ricardo Villalobos e la musica, diventata appunto anche la sua professione.
Entrambi i protagonisti si dividono per due ore la scena, ad entrambi il regista lascia libertà di espressione.
D’altronde, come conoscere un DJ se non attraverso la sua musica, ascoltando la sua musica?
Della biografia del protagonista non viene detto nulla, anche se la sua vita è interessante al pari della sua arte. Per chi non lo conoscesse, Ricardo Villalobos è uno dei DJ di musica elettronica più acclamati a livello internazionale. Nato in Cile nel 1970, tre anni dopo la sua famiglia è costretta dalle ben note vicende del regime di Pinochet a trasferirsi in Germania dove, tuttora il DJ vive. Lavora al Berghaim di Berlino, ma la sua fama lo porta nelle discoteche di tutta l’Europa.
Ci è dato conoscere Villalobos, quindi, non come persona ma come "addetto" alla musica.
Il documentario è un racconto dettagliato di che musica ascolta e di come sceglie e cataloga i dischi da usare poi nelle sue serate.
Villalobos sa che tipo di brani scegliere anche in base alle presenze in sala (le donne amano l’armonia, gli uomini il ritmo puro). Anche la musica elettronica e house hanno una loro anima, una loro personalità: esiste una differenza – sostanziale - tra i due generi, e tra un brano da usare come "base" o un altro, "percussivo" da usare per dare al brano di base una diversa personalità. La musica ha un suo colore, per "usarla" e proporla nel giusto modo bisogna essere un profondo conoscitore dell’animo umano, e Villalobos dimostra una notevole esperienza in tal senso.
E’ però difficile imbrigliare la musica in canoni precisi, la musica è universale: Villalobos ha una adorazione per i Depeche Mode ma ascolta di tutto, da sempre, dalla musica classica al jazz, e si diverte con i suoi remix a provare delle contaminazioni: ultimo esperimento un remix del Bolero di Ravel in chiave jazz-house con la direzione del grande direttore Von Karajan.
Quindi la musica come vita, come comunicazione, come filosofia di vita.
Il documentario segue Villalobos nel suo lavoro, e come già detto lascia ampio spazio alla sua musica, mostrandoci e permettendoci di "ascoltare" alcune parti delle sue serate.
Un bell’esperimento, il regista riesce a tenere in equilibrio racconto e musica. E ci fa scoprire un interessante artista.
L’assenza di un’introduzione del protagonista, forse lo dare per scontato che lo si conosca vista la sua fama, è forse l’unica pecca della pellicola.
Consigliato a chi "fa" la musica, e a chi la ama.

La frase: "E’ una questione di frequenze: alte, basse e medie".

Giuliana Steri

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