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Un ragazzo d'oro











Pupi Avati continua a descrivere le diverse tipologie di padre: dopo quello dolce ne “Il papà di Giovanna”, orrendo ne “Il figlio più piccolo” e quello assente in “La cena per farli conoscere”, ora è il turno di “Un ragazzo d’oro” emblema del fallimento professionale di un genitore che fa ricadere tutto sul figlio. Purtroppo per il cineasta bolognese il cast capitanato da Riccardo Scamarcio, da Cristiana Capotondi e dalla diva hollywoodiana Sharon Stone lo tradisce. Una sceneggiatura interessante risente di una prova povera di emozioni e, spesso, priva di espressività. Il protagonista Davide Bias (Scamarcio) vive tutta la propria vita odiando il padre in un perenne rapporto di conflittualità. La svolta della vicenda arriva quando il genitore muore in un tragico incidente stradale, anche se alla fine emergeranno delle verità sconvolgenti. Unico momento emozionante è sicuramente il ritrovamento di una sceneggiatura originale, “Un amore bugiardo”, che sorprende nettamente il figlio permettendogli di capire la realtà sui film del padre. Sharon Stone si limita a una parte di secondo piano, ma il suo fascino ben si identifica con la ricca produttrice letteraria Ludovica Stern. Il personaggio più sconcertante della pellicola è sicuramente quello della giovane fidanzata Silvia, interpretata da Cristiana Capotondi. Ruolo secondario, privo di espressività e dialoghi ai limiti della banalità a differenza della splendida prova offerta in opere come “La Mafia uccide solo d‘estate”.
Il mondo dello spettacolo a volte sa essere spietato, riesce ad emergere solo chi sa usare un pizzico di follia. La stessa follia che Davide utilizza per tramutare in realtà la biografia soltanto pensata dal padre, anche se per riuscirci dovrà pagare un prezzo altissimo. Scene esterne nei luoghi più belli di Roma come Villa Borghese e citazioni storiche ai film che hanno fatto la storia del cinema italiano nelle fotografie di Jerry Calà e il cast degli storici “Vacanze di Natale”. Anche le opere hollywoodiane vengono omaggiate con il nome di Tarantino che viene pronunciato varie volte.
Opera che ha avuto una gestazione lunga, con gli storici collaboratori alla fotografia e il montaggio, mentre la new entry è la colonna sonora firmata da Raphael Gualazzi, forse nota più positiva di un’offerta molto povera. I tradimenti e gli intrighi famigliari ricordano una soap opera americana con l’aspetto “Beautiful” dell’amore condiviso per la stessa donna dal figlio e dal defunto padre. I rapporti cambiano in uno climax ascendente e discendente continuo che non riesce ad attirare l’attenzione dello spettatore in un intreccio prevedibile.

La frase:
"Non mi dire che tu sei uno di quelli che più il film è di merda e più gridano al capolavoro".

a cura di Thomas Cardinali

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