Uno zoo in fuga
Che guardando la locandina o leggendo due righe di trama di "Uno Zoo in fuga", il pensiero vada subito a "Madagascar", il campione d'incassi della Dreamworks dell'anno scorso, è fuor di dubbio.
Lo zoo è di NewYork, la meta è l'Africa e anche stavolta nel gruppo animale di avventurieri ci sono un leone ed una giraffa. Scopiazzatura della Disney? Sicuramente no visto che per realizzare questi cartoni animati in computer grafica gli anni di lavoro sono parecchi, ma che ci si trovi di fronte all'esito di una fuga di notizie da una delle due parti sui progetti futuri avvenuta chissà quanto tempo fa, è sicuro. Accadde, infatti, anche nel 1998 quando sia Dreamworks che Walt Disney-Pixar uscirono quasi in contemporanea con due progetti analoghi ("Zeta la formica" e "A bug's life").
Messi da parte questi discorsi ricchi di ipotesi, complotti e insinuazioni che farebbero la felicità di Mosca e Biscardi, parliamo semplicemente del film.
Da un punto di vista estetico Uno zoo in fuga si rifà ad un modo più classico di intendere l'animazione. A parte i primi minuti caratterizzati da colori elettrici e figure più stilizzate (è un racconto di papà leone Samson al proprio pargolo), la ricerca è volta a rendere il più verosimile possibile animali e ambienti. Se Madagascar era un chiaro omaggio alla pittura di Henri Rousseau, "Uno zoo in fuga" ricorda più l'arte degli effetti speciali. Non a caso infatti il regista (al debutto) è Steve "Spaz" Williams, uno dei più grandi specialisti in questo campo, autore del primo T-rex di "Jurassic Park" e del personaggio del metallo liquido T-1000 in "Terminator 2".
La trama poggia essenzialmente sulle dinamiche del rapporto padre-figlio, facendo dell'Africa e della natura in generale più che altro strumento per introdurre scene d'azione e altri variopinti animali. Una storia tutto sommato esile, povera di momenti esilaranti e spessore di messaggio. Poco rimane a fine proiezione se non i simpatici dialetti messi in bocca agli animali (su tutti il piccione) e un paio di simpatiche situazioni. Spiace oltretutto notare come sia in questo film che in Madagascar la soluzione dello zoo per gli animali paia rappresentare l'esito migliore per la loro salvaguardia.
All'Oscar quest'anno, in controtendenza rispetto agli ultimi tempi, nessuno dei tre film candidati per miglior film d'animazione era realizzato in computer grafica ("La sposa cadavere" e "Wallace and Gromit…" in plastilina, "Il castello errante di Howl" a disegni). Momento di pausa o fine di una tecnica che sembrava dovesse essere la nuova frontiera del cinema d'animazione?

La frase: "Larry è il tuo stomaco che brontola o c'è qualcuno che brontola nel tuo stomaco?"

Andrea D'Addio

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