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Un nuovo giorno











Prima di diventare elegante adulto e manifestare i delicati connotati – con occhi azzurri, fisico longilineo e pelle diafana – del Luca Filippi visto nel thriller “In fondo al bosco” (2015), ha il volto del piccolo Niccolò Calvagna di “Un Natale stupefacente” (2014) e “Maraviglioso Boccaccio” (2015), il quale non solo tende a truccarsi, ma subisce violenze sessuali dai compagni di scuola e si trova anche ad avere a che fare con un sacerdote dalla “passione per i bambini” interpretato dal veterano Saverio Vallone.
Del resto, reduce dal riuscito biopic califaniano “Non escludo il ritorno” (2014), abbiamo proprio il padre Stefano Calvagna dietro la macchina da presa della oltre ora e quaranta di visione incentrata su Giulio, il quale pretende di venire chiamato Giulia perché consapevole di essere una donna nata nel corpo di un uomo.
Il Giulio che altro non è che l’incarnazione su grande schermo della stessa Sveva Cardinale che entra in scena nella fase conclusiva del lungometraggio, mirato a raccontare il suo lungo e tormentato percorso vitale che, grazie alla propria forza d’animo e alla volontà di rimanere coerente con la sua natura interiore, l’ha condotta a sottoporsi ad un delicato intervento per cambiare definitivamente sesso.
Percorso che, tra la trasmissione "Odiens" con Lorella Cuccarini in televisione, una carriera di modello sulle passerelle di tutto il mondo e un’audizione per un concorso canoro inscenata con taglio ironico lanciando un’esplicita frecciatina alle raccomandazioni nell’universo della musica tricolore, si concentra in particolar modo sul rapporto sentimentale intrecciato insieme al bellissimo e corteggiatissimo personal trainer di palestra Fabio alias Danilo Brugia, il quale perde letteralmente la testa per il Giulio ancora maschio.
Man mano che la valida colonna sonora a firma di Paolo Vivaldi provvede ad accompagnare in maniera piuttosto efficace una narrazione che, in apparenza eccessivamente lenta, si rivela dilatata a dovere – tra Roma, Milano e Bangkok – per generare attesa rispetto al cruciale momento dell’operazione chirurgica.
Tanto che, in mezzo a tecnica calvagnana adeguata meglio del solito al basso budget tipico dell’autore di “Cronaca di un assurdo normale” (2012), cast in splendida forma – comprendente la Paola Lavini di “Anime nere” (2014) nei panni della Gianna amica del(la) protagonista e Franco Oppini in quelli di un talent scout omosessuale – e poesia destinata ad emergere in non poche occasioni, si riesce tranquillamente nell’impresa di chiudere un occhio nei confronti di quelli che sembrerebbero i minuti di troppo... rapiti da un elaborato coraggiosamente esplicito a sufficienza nell’essere intimista quanto di cronaca, ma sempre corredato di opportuna delicatezza nel trasmettere da un lato il superamento delle più intime e grandi paure, dall’altro un’implicita denuncia rivolta agli atti di prepotenza che derivano dai pregiudizi.

La frase:
"Io non sono Giulio, sono Giulia".

a cura di Francesco Lomuscio

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