Un mondo d'amore
Per quanto sia stato uno dei personaggi più controversi del ventesimo secolo, la filmografia su Pier Paolo Pasolini è una delle più nutrite del nostro cinema. Ai tanti film più o meno riusciti su questo straordinario autore se ne aggiunge un altro che rievoca un suo episodio giovanile.
Il giovane insegnante di letteratura Pier Paolo Pasolini viene accusato di aver circuito tre ragazzi minorenni per fini sessuali. Dopo questo fatto viene cacciato dalla scuola, dal partito comunista e praticamente da casa (il tutto senza nessun processo a suo carico). Quindi decide di partire con la madre alla volta di Roma.
Il Pasolini che esce fuori da questo racconto sembra essere un personaggio timido e schivo che non lascia presagire nulla della passionalità dell'autore che tutti conosciamo. C'è da dire che il film è ben narrato, il bianco e nero che avvolge la storia è molto suggestivo e anche gli attori sono bravi. Persino il rifarsi a dei moduli che ricordano molto da vicino film d'autore degli anni sessanta (il film però si svolge negli anni quaranta), e l'uso di elementi pasoliniani (si veda la scena a Cinecittà) non devono essere presi in senso negativo. Insomma il film è ben fatto.
Forse l'unico appunto che si può fare ad Aurelio Grimaldi è l'aver presentato uno degli autori più rivoluzionari del secolo passato, in maniera un pò leziosa. Pasolini sembra quasi accettare tutto quello che gli accade con una passività che lo fa apparire quasi rassegnato nei confronti di tutto. Il ritratto che viene fuori dal film è quello di un personaggio quasi aereo, lontano dalle incombenze terrene che lo attanagliano.
A me è sempre sembrato che invece Pasolini cercasse continuamente quel contatto con la terra, che descriveva già nelle sue prime poesie dialettali (il periodo trattato nel film). C'era sì una ricerca del trascendentale ma c'era allo stesso tempo una conferma della carnalità di ognuno. E inoltre l'amore che questo autore aveva verso la vita viene trattato nel film in un unico senso, l'amore omosessuale. Certo è legittima una scelta di campo del Grimaldi, ma l'amore verso il resto si avverte poco (Pasolini in quel periodo ebbe una grande passione per tutto il mondo contadino del Friuli, e forse questo poteva essere uno dei tanti elementi utilizzabili per riportare il nostro sulla terra, senza farlo apparire un ragazzo che passava ventiquattro ore al giorno soltanto a leggere classici della letteratura).
Certo qui si parla soltanto di scelte di campo necessarie, perché il personaggio Pasolini è un personaggio talmente complesso che si può dire tutto e il contrario di tutto (d'altra parte Grimaldi aveva già cercato di descrivere la complessità pasoliniana in "Nerolio"). Ed è per questo che è comunque da apprezzare la valutazione del regista di "Un mondo d'amore" (che ripeto: ha fatto un buon film), anche perché tutto questo serve a non far cancellare il ricordo di una delle figure più poetiche della nostra storia. Forse è impossibile descrivere compiutamente una personalità così varia e profonda.
E questa impossibilità era la stessa che sentiva anche Pasolini: "Manca sempre qualcosa, c'è un vuoto in ogni mio intuire".

Renato Massaccesi

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