Un gioco da ragazze
Ricche, belle e senza problemi, hanno i volti delle esordienti Chiara Chiti, Desirèe Noferini e Nadir Caselli, narcisiste e fissate con la dieta che spendono superficialmente le loro giornate tra shopping di lusso, ragazzi e feste in locali esclusivi, vivendo con il mito di Paris Hilton e Kate Moss.
Sono le spudorate diciassettenni protagoniste del primo lungometraggio diretto da Matteo Rovere, tratto dall’omonimo romanzo di Andrea Cotti e sceneggiato da regista e scrittore insieme a Sandrone Dazieri ("La cura del gorilla") e Teresa Ciabatti ("Ho voglia di te").
Discendenti cinematografiche della chiacchieratissima "Melissa P.", nonché vicine parenti delle sciagurate adolescenti di "Albakiara-Il film", trovano una nuova occasione di perverso divertimento dal momento in cui entra nella loro vita il professore con le fattezze di Filippo Nigro ("Amore, bugie e calcetto"), interessato a cambiare qualcosa in positivo nei pericolosi esponenti della generazione cresciuta sotto gli impulsi dell’anarchia del web e del vuoto mediatico, senza immaginare minimamente a cosa sta andando incontro.
Bisogna subito precisare, però, che, sorvolando sulla pessima dizione delle giovani attrici (ormai aspetto classico dei nostri teen-movie d’inizio millennio), siamo dinanzi ad un film che mantiene molto meno di ciò che promette, esplicito più nelle parole che nelle immagini, anche se il momento in cui la ragazza nuda sotto la doccia viene "torturata" con il getto d'acqua dell'idrante non può fare a meno di richiamare alla memoria un certo cinema di genere violento e perverso tipico degli Anni Settanta.
Perché, in fin dei conti, quei piccoli difetti identificabili in dialoghi a volte ridicoli e in una sceneggiatura discontinua che tende erroneamente ad apparire troppo frettolosa nella drammatica parte finale, pur abbassando al di sotto della sufficienza il giudizio complessivo sull'opera, comunque tecnicamente girata in maniera non distante da quella che caratterizza tanti b-movie a stelle e strisce, non sembrano privarla del particolare look alla base dei tanti vecchi prodotti exploitation rivalutati grazie all'influenza critica dei vari Tarantino e Rodriguez.
Ricordando vagamente anche il profetico "L’uomo spezzato", diretto nel 2005 da Stefano Calvagna.
La frase: "Basta con i giochi da ragazzino, ora facciamo sul serio".
Francesco Lomuscio
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