25 Ottobre 2008 - Conferenza stampa
"Un gioco da ragazze"
Intervista al regista e al cast.
di Francesco Lomuscio
Affiancato dal cast, il regista esordiente Matteo Rovere ha incontrato la stampa presso la terza edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, dove è stato presentato il suo lungometraggio "Un gioco da ragazze".
Matteo, perché hai voluto fotografare questo universo giovanile, e secondo te come mai questi personaggi presentano una certa assenza di valori morali?
Matteo Rovere: Con questo film non avevo alcuna intenzione di generalizzare la società, ritengo di averne raccontata una parte che esiste in modo cinematografico, come la vedo e come l'ho vista durante la mia crescita. Una generazione a cui non appartengo più, poi lo spettatore prende più o meno le distanze dai personaggi.
Chiara Chiti: Secondo me il mio personaggio di Elena ha un vuoto dentro, è infelice, la sua cattiveria vince perché non viene mai condannata, in quanto la famiglia è assente e non le ha mai dimostrato l'amore, mentre la scuola non punisce le ragazze che fumano le canne. Di conseguenza, ciò le rende in grado di fare ciò che vogliono, mentre la tv e i media propongono modelli come Paris Hilton e Kate Moss nelle vesti di eroine, senza denunciarne i lati negativi.
Il film è molto realistico…
Matteo Rovere: Ho scritto il film con Sandrone Dazieri, che è un esperto di noir, e con Teresa Ciabatti, che conosce molto bene il mondo adolescenziale, ma secondo me lo sceneggiatore ignoto sono proprio le ragazze ed i ragazzi con cui ho fatto diversi dibattiti sull'argomento.
Filippo, tu invece a chi ti sei ispirato per il tuo personaggio del professore?
Filippo Nigro: In realtà io non ho avuto alcun referente cinematografico, mi è tornata in mente la mia carriera scolastica al liceo Tasso, perché secondo me il mio Mario Landi ricorda alcuni insegnanti che ho avuto lì. Comunque, penso che il professore debba essere una figura autoritaria, non un amico, perché si rischia di rompere una barriera necessaria.
Stefano e Valeria, voi cosa pensate dell'argomento?
Stefano Santospago: Io credo che sia proprio l'assenza dei genitori a provocare ciò che poi succede. Il disagio familiare della protagonista non è dovuto al fattore economico, perché è ricca, ma riguarda l'assenza dello scambio di emozioni.
Valeria Milillo: Io posso solo dire che è stata un'esperienza molto coinvolgente, perché sono altamente emotiva e ho lavorato con Matteo sull'assenza di emotività. Ce l'ho messa tutta, è stata dura.
Al di là della tematica sociale, l'operazione presenta il tipico look del film di genere, tanto che la sequenza della ragazza nuda schizzata con l'idrante ricorda certi prodotti degli Anni Settanta…
Matteo Rovere: Sì, indubbiamente il realismo della scena della doccia non può fare a meno di richiamare alla memoria archetipi di cinema che sono nella nostra incoscienza, come "Rambo", ma anche "Carrie-Lo sguardo di Satana" di Brian De Palma.
Quindi, quali sono i tuoi maestri?
Matteo Rovere: Diciamo che apprezzo registi come Gregg Araki, Terrence Malick e Jacques Audiard, molto lontani dal mio film, ma che in fin dei conti mi hanno accompagnato nel fare questo lavoro.
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