Ti lascio perché ti amo troppo
Il titolo stesso, dal richiamo adolescenziale, indirizza le aspettative. Né più, né meno. A rimarcarlo poi nello svolgimento, durante il flirt successivo alla fine di una storica relazione, si tira in ballo l'amore dopo appena qualche giorno di frequentazione.
Il film è tutto costruito intorno ad Alessandro Siani (ha collaborato alla scrittura insieme a Francesco Albanese, sua spalla dai tempi delle scuole superiori), giovane e già noto cabarettista partenopeo sul palco e in televisione nonché curatore di un "laboratorio di comici emergenti". Il quale, animando un personaggio pieno di pochezza, ha il magnetismo appena sufficiente a sostenere una commediola esile, banale e di una noiosa linearità. Se oltre a sfruttare un fresco talento popolare gli altri intenti erano un omaggio ad una città, ad un dialetto e alla scuola napoletana, non si va oltre una piccola galleria di macchiette. I ritratti femminili? Fidanzata voltagabbana, mamma possessiva, amica dell'amico sciocca, sorella indecisa, vergine sognatrice. Gli stranieri? Cinesi invasori del commercio e chiusi anche se capiscono bene l'italiano, battute sui filippini domestici, la bella brasiliana forse a caccia dell'ingenuo da sposare per il permesso di soggiorno e la dote. E la probabile volontà di un tono bonariamente ironico sui luoghi comuni non sembra proprio una giustificazione convincente.

L'interrogativo è perché sia incappato in questa operazione il produttore Mauro Berardi, attivo dagli anni '70 prima con Sergio Citti, quindi con Massimo Troisi, recentemente tra i promotori della Fondazione "cinema nel presente" insieme agli autori Citto Maselli, Gillo Pontecorvo, Ettore Scola, Mario Monicelli, Wilma Labate, Pasquale Scimeca. Tra questi anche Francesco Ranieri Martinetti, produttore (candidato al David di Donatello per "cresceranno i carciofi a Mimongo"), operatore culturale per l'ANAC, organizzatore della "semaine de la critique" per Cannes a Roma, qui regista (David con l'opera prima "Abissinia") e co-sceneggiatore.

La frase: "se la felicità è fatta di attimi, mettendoli insieme si raggiungono 2-3 ore".

Federico Raponi

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