ThyssenKrupp Blues
E’ una storia che non poteva non essere raccontata, quella della tragedia avvenuta nello stabilimento torinese della Thyssenkrupp Acciai Speciali Terni il 6 dicembre del 2007. Questa storia, così come tante altre storie che parlano di tragedie annunciate, di morti sul posto di lavoro che potevano essere evitate. Tragedia che porta via delle vite, ma cambia inesorabilmente anche la vita di chi da questa tragedia viene solo sfiorato.
Il fatto di cronaca è noto: il gruppo industriale Thyssenkrupp, nato dalla fusione di due società tedesche arricchitesi con la produzione di armamenti durante le guerre mondiali e fortemente coinvolte con i nazisti, alla fine degli anni 90 si espande anche in Italia con l’acquisizione del polo siderurgico "Acciai Speciali Terni".
Nell’aprile del 2007 viene deciso lo smantellamento dell’impianto torinese, numerosi operai vengono messi in cassa integrazione e costretti a scegliere tra il trasferimento forzato (il protagonista parlerà di una vera e propria deportazione) e il licenziamento. A sorpresa la chiusura dell’impianto viene rimandata, e gli operai (in numero minore al necessario) vengono richiamati al lavoro anche se costretti a straordinari e turni massacranti per non perdere il loro diritto alla liquidazione. Il numero di operai insufficiente per mandare avanti il lavoro, le condizioni di lavoro disumane e le misure di sicurezza praticamente assenti portano, inesorabilmente, alla tragedia.
E’ tutto qui l’ottimo "Thyssenkrupp Blues", presentato alla 65esima Mostra del Cinema di Venezia come Evento Speciale all’interno della sezione Orizzonti. I registi Pietro Balla e Monica Repetto avevano già collaborato ad un progetto simile, il documentario "Operai" per Rai3, analisi della vita di un gruppo di operai in Italia. Le riprese del film sono iniziate già nel maggio del 2007. L’idea era quella di un nuovo documentario sulla vita quotidiana degli operai, e i registi si sono imbattuti in Carlo Marrapodi, Carlo 722775 per la Thyssenkrupp, e lo hanno scelto come loro protagonista. Per loro Carlo è un eroe dei nostri giorni: per il lavoro ha sacrificato le sue origini (si è trasferito a Torino dalla Calabria) e proprio quando iniziava ad integrarsi nella nuova città la Thyssenkrupp, per la quale lavorava da oltre sei anni, ha tradito la sua fedeltà e lo ha messo in cassa integrazione. Carlo viene seguito dalla videocamera 24 ore su 24, e viene ben documentato, con grande realismo, il suo ribellarsi alle inumane condizioni di lavoro, alla cassa integrazione e ai ricatti del datore di lavoro. E’ una storia in soggettiva, che ha però un respiro molto più ampio e riesce ad essere, purtroppo, una chiara fotografia della nostra società. Ed è anche una riflessione sui media, così assenti nel momento della denuncia ma fin troppo presenti nel dolore.
E’ la storia di Carlo, ma è anche la storia di tanti altri come lui.
Doveva essere la cronaca del suo quotidiano, ed è invece diventata la cronaca di una tragedia, una storia della nostra società dove lavorare può voler dire morire. E il Blues del titolo, spiega la regista Monica Repetto, vuole essere allo stesso tempo la musica del lavoro in schiavitù e il colore livido della morte.

La frase: "Questa storia non è stata scritta".

Giuliana Steri

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