Il solista
Storia vera. Steve Lopez è un giornalista del Los Angeles Times, Nathaniel Ayers un violoncellista di strada. Si incontrano per caso, ma il talento del musicista colpisce così tanto il reporter che la sua storia diventa il punto di partenza per una serie di articoli. Tra i due nasce un’amicizia. Lopez aiuta in ogni modo Nathaniel, sia da un punto professionale che privato. Appartamento, riallaccio dei contatti con la famiglia, una spalla su cui piangere quando ce n’è bisogno, ma soprattutto l’offerta di riprendere ad esibirsi sui palcoscenici che merita. Peccato però che non tutto va facilmente per il verso giusto: Nathaniel soffre di vari disturbi mentali, non è affidabile e basta lasciarlo solo un attimo per rischiare di perderlo definitivamente.
Due grandi attori (Robert Downey Junior e Jamie Foxx) , una storia da american dream tradito e un regista abituato ai drammoni, purtroppo non danno come risultato sempre un grande film. E così “Il solista”, uno dei titoli più attesi della stagione cinematografica 2009, con tanto di rumors che inizialmente lo volevano come pellicola principale per la corsa agli Oscar, esce da noi con un anno e mezzo di ritardo dopo aver rischiato una distribuzione diretta in dvd. Troppo laccata la sceneggiatura, banalotta nei significati e negli obiettivi, eccessivamente epico il tono utilizzato per la vicenda in questione, in cui la musica non si affaccia piano piano agli occhi e alle orecchie dello spettatore, ma viene continuamente enfatizzata come se si stesse parlando del canto degli dei. “Il Solista” rimane così un semplice film sul riscatto e l’amicizia. Se il primo argomento tocca i soliti tasti narrativi triti e ritriti, il secondo è comunque coraggioso, vista la rarità con cui viene affrontato dal cinema americano contemporaneo (l’ultimo buon film sul tema è stato il sottovalutato “Reign Over Me”). Il problema di fondo però è che i due protagonisti non sono mai sullo stesso piano, uno “manipola” l’altro, ha potere su di lui. E così l’amicizia, quel sentimento che unisce due persone che non pretendono nulla l’una dall’altra e che proprio per questo possono far nascere un legame straordinariamente profondo, è di fatto solo superficiale, nulla più. Peccato, c’erano buoni spunti su cui lavorare, la percezione che si ha è che, durante le riprese, da parte degli autori ci fosse un po’ di autocompiacimento e presunzione. C’era troppa sicurezza di stare realizzando un film che sarebbe piaciuto sia alla massa che alla critica. Così non è, e il risultato finale non sarà da buttare, anzi si segue fluidamente, ma non appassiona né tocca i cuori.

La frase: "La bellezza è arte. La musica è bellezza".

Andrea D'addio

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