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The One Man Beatles
Il settimanale Melody maker diffuse la voce che era stato maestro di chitarra di Paul McCartney, mentre in molti credevano addirittura che quello di Emitt Rhodes non fosse altro che uno pseudonimo adottato dai Beatles per continuare a mandare in giro loro materiale sonoro in seguito allo scioglimento della band.
Misteriosa star del pop americano anni Sessanta e Settanta, invece, Mr. Rhodes, classe 1950, esiste e vive ancora oggi oltreoceano, dove l’esordiente Cosimo Messeri – già assistente alla regia per Nanni Moretti e Carlo Mazzacurati – è andato a scovarlo, supportato dalla produzione di Edoardo Scarantino, per trovare un uomo dichiaratamente depresso e che, seppur in maniera ironica e divertita, racconta di vedersi orribile quando si guarda allo specchio.
Un uomo che iniziò giovanissimo a suonare, influenzato dal British sound, per poi fondare nel 1966 i Merry-Go-Round, dei quali divenne cantante e leader, facendo infine perdere le sue tracce nel 1974, a soli 24 anni.
E’ quindi sia attraverso le sue dirette osservazioni che tramite le testimonianze degli ex componenti dei Merry-Go-Round e di personaggi quali la regista Allison Anders, il cantautore Michael Penn e Vicki e Debbi Peterson delle Bangles che viene progressivamente fatta luce sugli anni bui dell’autore di "Love will stone you", artista puro e tutt’altro che portato per gli affari tanto da essersi ridotto a comporre per un pubblico rappresentato da sé stesso, rintanatosi in una modesta casetta piena di vecchie chitarre e amplificatori vintage, se escludiamo un’apparizione presso il Poptopia festival nel 1997.
Ma non mancano neppure immagini di repertorio, una vecchia intervista telefonica alla madre di Rhodes e un intervento radiofonico al Barry Richard show nel corso dei circa 52 interessanti minuti di visione che ci portano a conoscenza anche del personale pensiero nei confronti delle donne, nelle sue parole capaci soltanto d’ingannare e tradire.
Una posizione decisamente misogina conseguita con ogni probabilità all’abbandono da parte delle due mogli e dei figli, che non ha mai più rivisto, e che rientra tra gli elementi mirati ad accentuare la rabbia lasciata emergere dai fotogrammi di un documento di celluloide destinato sì ad occupare un nuovo posto all’interno dell’ideale cineteca di ogni musicofilo che si rispetti, ma anche a ribadire il vecchio concetto del "non è mai troppo tardi" e a fornire ancora una volta spunti di riflessione nei riguardi del tanto luccicante quanto imprevedibile e spietato universo dello show business.
La frase: "Emitt era un tipo tranquillo, un genio introverso".
Francesco Lomuscio
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