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L'educazione fisica delle fanciulle - The Fine Art of Love
"Se fai il cattivo ti mando in collegio". Quanti di voi avranno sentito questa frase dai propri genitori quando erano piccini? Da sempre questi centri di istruzione per giovani e giovanissimi rappresentano nell'immaginario collettivo un luogo da evitare. Se poi si tratta di un collegio esclusivamente femminile, dove l'educazione è impartita sotto la supervisione della direttrice tirannica Jacqueline Bisset, allora il passo per identificare il tutto come una prigione è brevissimo.
Sono queste le premesse da cui parte "L'educazione fisica delle fanciulle", il nuovo film di John Irvin, tratto dal romanzo omonimo di Frank Wedekind. Siamo ad inizio secolo, l'impero austro-ungarico ormai volge al tramonto, ma l'aristocratica cultura maschilista dell'epoca ancora costringe il gentil sesso ad avere una formazione culturale di tipo servile. E così fin dalla tenera età, molte bambine si trovano costrette a studiare le buone maniere nell' attesa che il mondo "là fuori" le accolga. Nel frattempo lì dentro nascono amicizie, amori e tradimenti. E anche il passato di quelle che adesso sono le integerrime educande ritorna in superficie…
Pare che la sceneggiatura da cui questa coproduzione italiana-ceco-inglese è partita sia stata il grande sogno incompiuto di Alberto Lattuada, l'importante regista italiano di "La spiaggia" e "il mafioso" scomparso il Luglio scorso. Una storia sulla perdita dell'innocenza, sulla ciclicità con cui vittime e carnefici si scambiano continuamente ruoli e posizioni. Difficile, se non impossibile, sottrarsi al proprio destino.
John Irvin ci accompagna in questi luoghi con piglio sicuro, e adeguato. Peccato però che alla base ci sia una sceneggiatura troppo dispersiva, che prediligendo il film corale a quello più convenzionale con un protagonista vero e propria, finisce col far rimanere il pubblico abbastanza freddo rispetto ai drammi descritti. Molti spunti che forse nel libro avevano un valore più profondo, vengono così buttati lì senza che poi ci sia un seguito. Le fragorose cascate del titolo chiamate "Mine ha-ha", che dovremmo identificare con la purezza e l'ingenuità delle ragazze, rimangono un luogo del tutto estraneo alla narrazione, così come le minacce delle due serve, o le indagini della polizia.
Schegge di Magadalen (Leone d'oro 2002), ma il film di Mullan era ben altra cosa.
La frase: "Che magnifici esemplari biologici!"
Andrea D'Addio
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