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Fast & Furious 7











Stavolta non sarà importante solo la velocità.
Prima ancora di ritrovare Vin Diesel e Michelle Rodriguez nei panni di Dom e Letty, è Jason Statham - come già annunciato nel corso dei titoli di coda di “Fast & furious 6” (2013) di Justin Lin – ad aprire le danze di questa settima avventura su quattro ruote che, senza perdere tempo, lo impegna immediatamente in un confronto corpo a corpo con l’agente federale Luke Hobbs, di nuovo incarnato da Dwayne Johnson.
Settima avventura che, con il protagonista di “The transporter” (2002) nel ruolo di Deckard Shaw, killer delle forze speciali inglesi responsabile dell’uccisione di Han alias Sung Kang e intento a vendicare la morte del fratello Owen, ovvero Luke Evans, sotto la regia del malese James Wan – autore di “Saw - L’enigmista” (2004) e “Insidious” (2010) – va a collocarsi tra “The fast and the furious: Tokyo drift” (2006) e i successivi tasselli della serie.
Non a caso, in una brevissima apparizione è presente anche il Lucas Black che fu interprete principale di quel terzo film; man mano che Tyrese Gibson, Ludacris e il compianto Paul Walker riprendono rispettivamente i ruoli di Roman, Tej e Brian O’Conner, stavolta impegnati, insieme alla hacker Ramsey interpretata da Nathalie Emmanuel e al resto della squadra, ad assicurarsi un ingegnoso dispositivo di tracciamento per conto del governo statunitense. Dispositivo da sfruttare proprio per la localizzazione del micidiale nemico, oltretutto spalleggiato dal mercenario Jakande, con i connotati di Djimon Hounsou, e dai suoi uomini, comprendenti il sicario Kiet, cui concede anima e corpo il campione di arti marziali thailandesi Tony Jaa.
Ed è proprio la lotta a bordo di un blindato in corsa tra quest’ultimo e Brian alternata alla fuga automobilistica degli altri in mezzo ai boschi a rientrare nei momenti migliori dell’operazione (ma anche dell’intero franchise); destinata, inoltre, a coinvolgere il carpenteriano Kurt Russell nella parte di un agente governativo e a riportare Jordana Brewster in quella di Mia.
Operazione volta a sfidare più del solito le leggi della gravità attraverso assurde sequenze quali quella del lancio con paracadute dei bolidi da un aereo ad alta quota o il momento in cui viene tirata in ballo ad Abu Dhabi l’esclusivissima Lykan Hypersport della W Motors; mentre la camera di ripresa non esita neppure a volgere insistentemente il proprio sguardo su sexy fanciulle poco vestite.
Perché tutto, dalle acrobazie alla bellezza femminile, appare eccessivo e, a suo modo, erotizzato, ma imbevuto in maniera intelligente d’ironia (con tanto di frecciatina al telefilm “L’incredibile Hulk”), atta continuamente a ricordare che, in fin dei conti, non ci troviamo altro che dinanzi a quello che sembra quasi un emozionantissimo fumetto in carne ed ossa.
Fumetto che conduce le imprese di Dom & co ad assumere sempre più le fattezze di un “The expendables” da asfalto rovente (oltre a Statham, non manca neppure uno scontro con la Ronda Rousey vista nel terzo episodio della saga stalloniana); mentre, tra colossali esplosioni e lamiere contorte, la sceneggiatura non si rivela altro che un pretesto per poter inscenare l’abbondanza di azione che, però, finisce per rappresentarla, senza sostituirla.
Strizzando in parte l’occhio agli action movie di Hong Kong (è sufficiente citare il combattimento finale tra Dom e Deckard) e con la risultante del più riuscito tassello dei sette... ulteriormente in grado di lasciar emergere le lodevoli doti di Wan nella capacità di non scadere in banalità nel corso del toccante omaggio conclusivo al succitato Walker, la cui presenza sullo schermo è stata consentita dall’utilizzo delle nuove tecnologie e di filmati rimasti inutilizzati degli altri “Fast & furious”.

La frase:
"Ho visto strade più pericolose di quelle a cui sei abituato tu".

a cura di Francesco Lomuscio

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