Travolti dal destino
Guy Ritchie, uno fra i registi più originali e briosi, si cimenta nel remake del noto film di Lina Wetmuller, "Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare di agosto". Scelta difficile e coraggiosa se si considera la specificità e la peculiarità del film della regista italiana.
Realizzato nel 1974, il film della Wetmuller era lo specchio della situazione socio politica dell'Italia di allora. Un Paese profondamente diviso da contrasti sociali e con un elevato livello di conflittualità. I due protagonisti, la ricca "sciura" milanese interpretata dalla Melato e il pescatore siciliano reso da Giancarlo Giannini, rappresentavano queste due realtà così antagoniste e così lontane fra di loro: da una parte la ricca borghesia del Nord Italia, dall'altra un uomo del Sud, endemicamente povero e visceralmente comunista, come solo i poveri sanno esserlo.
"Travolti dal destino" di Ritchie manca di questa sottesa tensione che, pur nello stile della commedia leggera, permeava l'opera della Wertmuller. Nel film del regista inglese lei è la moglie di un ricco industriale farmaceutico americano e lui è un marinaio italiano a bordo di uno yacht battente bandiera greca. Le differenze ci sono, indubbiamente, e Ritchie le rimarca e le sottolinea grazie a dei dialoghi fortemente significativi ma che proprio nella loro eccessiva enfasi finiscono per suonare un pò falsi e poco credibili. Bisogna dire che nonostante tutto le qualità del regista inglese riescono ad affiorare. Capace di dare ritmo al film nonostante si svolga la prima parte sulla bella barchetta e la seconda in una stupenda isola deserta, Ritchie non rinuncia, e fa bene, a quel montaggio eccentrico e stravagante che tanto ha caratterizzato i suoi film precedenti ("Lock & Stock-Pazzi scatenati" e "Snatch-Lo strappo"). Azzeccata è anche la scelta di Ritchie di far interpretare il ruolo femminile alla moglie Madonna. L'attrice e cantante americana è decisamente tagliata per il ruolo. Non ha gli occhioni della Melato, ma la personalità sì. Riempie lo schermo con la sua presenza ed è capace di traghettare con estrema semplicità il cambio di carattere del suo personaggio. È un piacere ammirarne le espressioni ora altere ora compassionevoli. Ritchie la conosce bene (è il marito...) e ne fotografa sublimamente il fisico atletico e tiratissimo. Insomma, la soubrette americana tiene magistralmente le fila del film che altrimenti sarebbe un'opera con poche qualità. Dispiace, invece, non poter esprimere un parere altrettanto positivo riguardo la scelta di far interpretare il ruolo maschile ad Adriano Giannini, figlio di Giancarlo il protagonista del film originale. Non tanto per le non eccelse qualità recitative di Giannini junior, quanto per la difficoltà, evidente, di non riuscire a discostarsi dal modello interpretativo rappresentato dal padre. Impressione questa, accentuata anche dalla voce rauca e dall'inflessione siciliana molto simile a quella di Giannini Senior nel film della Wertmuller.
In definitiva, una prova riuscita a metà per Guy Ritchie.

Daniele Sesti

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