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Studio illegale











Umberto Carteni torna alla regia e firma questa commedia dolce-amara sulla difficoltà degli uomini di oggi a trovare il vero amore. Una dura lotta che si combatte ormai negli spazi cittadini: condomini problematici con vicini sempre più rompiscatole, uffici dove le relazioni con i colleghi diventano commenti hot sul sedere concomitante. Le difficoltà di una relazione vera sono ormai note: la lotta contro gli impegni di lavoro per una vita meno alienata, il disprezzo per la relazione facile, la fiducia per il partner difficile da conquistare. Il film tocca soprattutto il tema della fiducia, mettendo in campo due protagonisti-antagonisti che si occupano della professione meno fiduciosa del mondo, l’avvocatura.
Possono due avvocati schierati in una partita all’ultimo sangue aprirsi ad una relazione vera che comporta la fiducia incondizionata? Le risposte che il film ci fornisce non sono così scontate. La scelta carriera-amore è dietro ogni angolo, in ogni foto, dentro ogni dialogo. Certo è che l’uomo solo, annoiato e superbo che ci mostra il racconto non può resistere a lungo senza una donna intrigante che gli tenga testa. Soprattutto se fa il tuo stesso lavoro.
Fabio Volo interpreta un altro personaggio ritagliato a misura sulle sue corde recitative e si cimenta in questa prova con qualche defaillance sulla credibilità; sembra adagiarsi, infatti, su un ruolo che conosce troppo bene per trovarvi qualcosa di nuovo. Certamente dà spessore ad un personaggio che senza un degno interprete rischierebbe di rimanere su una scala di grigi piatti e insapori, ma si mantiene troppo pacatamente distaccato.
Il resto della compagine produttiva non dà una mano. La sceneggiatura in primis dimostra in molti passaggi la propria fragilità e si attacca con forza alle sequenze di Dubai cercando di cogliere la palla dell’opportunità offerta dalla produzione al balzo, senza riuscirvi pienamente. La parentesi araba, infatti, non offre spunti propri al racconto e sembra una scelta piuttosto malriuscita, tendente a dare colore ad un plot che dovrebbe trovarlo nelle sue pieghe e non certamente nel deserto. Anche in molte fasi della storia si ha più di una volta la sensazione di una leggera deriva che trascini i personaggi piuttosto che un saldo copione.
Meritevole e degna di nota invece la prova di Fantastichini e della seducente Zoé Felix.

La frase:
- "Non hai più quello sguardo da tigre!"
- "Ma non ero un leone?"

a cura di Matteo Brufatto

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