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Watchmen
Pubblicato dalla DC Comics nel 1986, la stessa casa editrice di Batman e Superman, "Watchmen" è famoso soprattutto tra i veri appassionati dei comics americani e dell'arte fumettistica in genere. Partendo da presupposti verosimili, in esso si ipotizzava che in un presente alternativo e con una società allo sbaraglio, gente comune potesse indossare un costume, assumere una identità segreta e combattere il crimine dilagante per le strade. Veniva inscenata così una sorta di tragedia sulla caduta dell'eroe attraverso un plot a metà strada tra il noir e il fantastico.
Per concepire una ipotetica fine del mito dei supereroi, comunque, i creatori della graphic novel Dave Gibbons e Alan Moore ricorsero a uno escamotage tipico della narrazione "super eroistica". Ovvero far diventare uno dei protagonisti, il dottor Manhattan, una specie di semi dio a seguito di un esperimento scientifico andato storto.
Questo primo cortocircuito motivazionale, è solo la punta di un iceberg chiamato "Watchmen". Opera troppo complessa per essere riassunta e spiegata in poche righe.
Storia sul potere della politica e sulle utopie che la muovono, "Watchmen" basava la sua grafica e la sua narrazione sulla "simmetria". Nell'affermare ciò non ci riferiamo solo al capitolo V° della graphic novel, intitolato appunto "Paurosa simmetria", ma più in generale in tutta l'opera poteva accadere di meravigliarsi di come una vignetta ne richiamasse una precedente, oppure di come la disposizione grafica delle tavole, persino i dialoghi e le situazioni rappresentate, ne richiamassero altre precedenti in un gioco di rimandi simmetrici al limite del maniacale. Per fare un unico esempio della complessità di una tale operazione, basti dire che lo stesso potere del dottor Manhattan, quello cioè di poter vedere realtà alternative, richiamava concettualmente il background stesso della storia ambientata, per l'appunto, in un universo parallelo.
Insomma, un'opera complessa. Per molti un capolavoro. Per altri troppo ambiziosa. Certo è che "Watchmen" ha portato l'Arte fumettistica ai massimi livelli espressivi.
Nel contorto e monumentale processo di trascrizione semantica di "Watchmen" sul grande schermo, Zack Snyder tenta la strada della calcomania, rimanendo combattuto tra il rimanere fedele al testo e il re-interpretarlo, attualizzandolo, ai giorni nostri. Nel fare ciò, Snyder pecca di insicurezza e, pur rimanendo fedele a quell'immaginario, apporta delle modifiche sostanziali con esiti piuttosto discutibili.
La prima di queste (chiamiamole) scelte, è quella di voler rendere spettacolare un fumetto che non lo era affatto. Così esaspera le (poche) situazioni di azione presente nel comic e re-interpreta i personaggi principali. Nel fumetto, goffi uomini senza super poteri, nel film uomini e donne dai costumi sgargianti e dalle capacità sovraumane. Lottano, saltano, compiono acrobazie che nel fumetto non avremmo mai visto.
Per fare un esempio che riassuma il concetto, in una scena il Gufo Notturno e la bella Spettro di Seta II vengono aggrediti in un vicolo da un gruppo di balordi. Nel fumetto sono solo quattro gli assalitori e alla fine della colluttazione i due protagonisti ne escono piuttosto esausti; nel film il numero di malviventi viene moltiplicato almeno per tre, e i due protagonisti ne escono soddisfatti e per nulla affaticati. Inoltre si assiste a una maggiore attenzione per lo splatter e le scene di sangue, con una violenza che nel fumetto, tutt'al più, veniva solo evocata.
Stupisce, in quest'ottica, il caso del confronto finale. Nel fumetto il combattimento dura la fragilità di due tavole in cui un paio di manrovesci bastano a porre fine alle schermaglie. Nel film si assiste invece a una specie di combattimento alla "Matrix" decisamente poco in linea con i presupposti di realismo dettati dal fumetto.
Un'altra grande differenza tra i due "Watchmen" è in quella che per molti è considerata come la "scena madre" della storia. Ovvero, l'attacco della piovra gigante nel quartiere di Manhattan. Nel fumetto si arrivava alla scena, rappresentata in sei splash page, con un pathos da mozzare il fiato. Nel film la scena si "sgonfia" troppo velocemente e con minore energia che nel fumetto. Non solo, nella pellicola di Snyder si assiste anche a un mutamento della trama che fa intravedere un goffo buco di sceneggiatura.
Queste sono solo alcune delle cose che nel passaggio dal fumetto al film, e osservando con uno sguardo più critico, si sono perse. E di fronte a tali storpiature del testo - potremmo parlare ancora dell'esaltazione delle scene di sesso, o l'uso rapsodico delle musiche che spaziano da Simon and Garfunkel a Janis Joplin, senza però mai essere in sintonia con le scene in cui sono inserite, ma anche la differente resa dei costumi, in pellicola più simili ai supereroi dei comics - ci si rende conto che Snyder, ricalcando ciecamente la graphic novel, si sia dimenticato del cinema e della differente resa che le immagini e i tempi di narrazione hanno rispetto a un fumetto. C'è, insomma, uno sbagliato utilizzo semantico della traduzione da fumetto a cinema.
"Asimmetrico" rispetto all'opera originale, il "Watchmen" di Zack Snyder non riesce a trasmettere quelle emozioni che invece plasmavano, caratterizzandolo, il fumetto. Ci voleva più attenzione e, forse, un altro regista.
Diego Altobelli
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