21 novembre 2001 - Conferenza stampa
CHRISTOPHE GANS e VINCENT CASSEL
Intervista al regista e al protagonista de "Il patto dei lupi"
di Valeria Chiari
Sembrano molti i debiti cinematografici, a parte il western di Sergio Leone, c'è anche un pò di horror alla Mario Bava e i combattimenti dei film di arti marziali...
Si è vero. Nel mio lavoro ho sempre cercato di riprodurre le sensazioni che provavo quando da bambino o da adolescente andavo al cinema: mi ritrovavo sempre in uno stato di ipnosi e partecipazione totale. Oggi nella mia testa tutto si mescola: horror italiano, spaghetti-western, film cinesi e giapponesi, per ricreare le sensazioni che provavo davanti a quei film di pura immaginazione.
Ci sono dei film in particolare che ha rivisto prima di realizzare "Il patto dei lupi"?
Da ragazzino ho amato moltissimo i film di Zhang Cheh, un regista di Hong Kong; il "Patto dei Lupi" potrebbe essere considerato un libero remake de "La mano sinistra della violenza". La scena finale del combattimento tra Vincent Cassel e Samuel Le Bihan segue gli stessi movimenti di una scena di quel film.
Coreografo dei combattimenti è Philip Kwock, perché proprio lui?
Principalmente perché nelle sue coreografie utilizza raramente i cavi per spostare i personaggi e poiché volevo che il film non diventasse troppo fantastico e assurdo, facendo volare i protagonisti qua e là per il set, Kwock era il più adatto. In secondo luogo perché prima di diventare coreografo è stato attore ed ha iniziato proprio con Cheh.
Nei combattimenti sono state necessarie delle controfigure?
No. Philip ha proporzionato i combattimenti sulle reali possibilità degli attori, che contrariamente a Mark Dacascos erano digiuni di tecniche marziali. Cassel e Le Bihan hanno lavorato sempre senza controfigura.
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