07 Giugno 2006 - Conferenza Stampa
"Un po' per caso, un po' per desiderio"
Intervista al regista e al cast.
di Federico Raponi


Alla Casa del Cinema di Roma, la regista Danièle Thompson, l'attrice Laura Morante ed il compositore Nicola Piovani hanno tenuto una conferenza stampa per la presentazione del film "Un po' per caso, un po' per desiderio".

Una sceneggiatura scritta con suo figlio. Come è stata la collaborazione?
Daniele Thompson: Ho iniziato a lavorare con mio padre, regista di commedie come "tre uomini in fuga", per cui non ho nessun preconcetto sul lavoro in famiglia. Poi sono stata sceneggiatrice per diversi registi, anche molto diversi tra loro. Quando 7 anni fa ho trovato il coraggio di passare dietro la macchina da presa con "il pranzo di Natale", mi sono trovata nelle condizioni di dover trovare uno sceneggiatore. Avevo letto in quel periodo uno script di mio figlio per un altro regista, l'ho trovato interessante e mi sono detta "perché no?". Avrebbe potuto essere pesante, tutti i giorni insieme è un po' difficile. Abbiamo deciso di fare una prova, e da allora sono tre i film realizzati insieme.

Ha girato commedie e drammi. Com'è il cambiamento?
Daniele Thompson: Non è così semplice passare da un genere all'altro. Ho cominciato con mio padre, in film pieni di gag. Un'esperienza importante per darsi una disciplina, perché lì le cose sono impostate, come ad esempio il ritmo. Ho finito la mia evoluzione nel periodo de "il tempo delle mele" (di cui ha scritto la sceneggiatura, ndr). Dopodichè ho voluto cambiare, ero classificata sotto la voce "commedia", e di questo non si è mai molto contenti. Mi sono chiesta: "commedia o tragedia?", ma la vita è entrambe, anche se alla fine la seconda recupera sempre un po' sulla prima.

La scelta di Sidney Pollack?
Daniele Thompson: Un anno, a Cannes, siamo stati entrambi membri della giuria. Per quel ruolo alla fine mi è venuto in mente lui, e sono rimasta stupefatta quando ha accettato. La sua prima parte era stata in "Tootsie", poi ha lavorato con Allen e Kubrick. Per me è stato un grande onore.

Per il film nel film, si pensa anche a Monica Bellocci per impersonare Simone De Beauvoir…
Daniele Thompson: Uno degli argomenti del film, forse nascosto, sono le categorie dove la gente è collocata, le etichette. Lo stesso che mi sono posto con la Bellucci, per la quale vale un meccanismo identico. Poi mi sono preoccupata perchè capisse che la mia era una manifestazione di ammirazione, non una presa in giro.

Che ne pensa del revival degli anni '80, lei cha ha lanciato un genere?
Daniele Thompson: Ho rivisto un anno e mezzo fa "il tempo delle mele" per l'edizione in DVD. Nei contenuti extra ci sono gli attori di allora che raccontano cosa fanno ora. Solo la Marceau ha fatto carriera nella recitazione. E' stato commovente, e mi ha fatto pensare a quanto può essere pericoloso dare questo lavoro e aspettative a ragazzini. E' stata una delle lezioni di questo bonus. Mi è stato chiesto di fare una parte terza. Potrebbe essere interessante, ma è facile e pericoloso. Il mio film resta attuale perché parla di sentimenti, vulnerabilità, paure degli adolescenti e del ruolo dei genitori.

Soddisfatta di recitare in una commedia?
Laura Morante: Sono molto felice di aver lavorato con Danièle. All'inizio ero un po' preoccupata perché era l'unico ruolo drammatico del film, ma sono contenta di essermi trovata in questo contesto, spero che la prossima volta mi offra un ruolo più comico. E grazie a lei poi ho fatto un film con Resnais. Certo, mi piacciono le parti drammatiche, anzi tragiche. In Francia ho avuto soprattutto ruoli drammatici, mentre in Italia ho recitato anche per Verdone, Paolo Virzì e adesso Carlo.

Cosa cercano in lei i registi francesi?
Laura Morante: Nei 10 anni in cui ci ho vissuto, non ho lavorato molto in Francia, ma in Spagna, Portogallo, Svizzera. Quest'attenzione è molto recente, relativa a 4-5 film. Per anni si sono accorti abbastanza poco di me. Non credo ci sia un denominatore comune nelle ragioni della scelta. Leggendo quello che scrivono di me, la parola che ricorre è "mistero". Mi vedono così, non so bene perché.
Daniele Thompson: Cercavo sì una donna che ha problemi col marito, ma di quelle che non si possono lasciare.

Il suo ruolo è quello di una donna innamorata anche dell'arte del marito…
Laura Morante: E' stata la mia seconda frustrazione. Non solo non ho avuto un ruolo comico, ma per quello mio provavo anche antipatia, mentre Danièle lo amava. Io se avessi una moglie manager la strangolerei. Mi fa molta paura una donna che si consacra ad un uomo, diventa un ricatto vivente. Non puoi lasciarla non per le sua qualità, ma perché o la uccidi o te la tieni. Lei organizza la vita, la professione, il tempo del marito. Per me sarebbe terrificante. Sono rapporti un po' malati.
Nicola Piovani: Ci sono queste persone.
Daniele Thompson: Strangolerà sua moglie? (scherzosamente rivolta a Piovani). Io la trovo molto vera. Gli artisti hanno bisogno di persone che le isolino e facciano da guardiani. Quando le relazioni cominciano così è perché lo si vuole. Poi diventano prigioni. Non è questione d'amore, ma di tipo di rapporto.

Cosa può dirci del film con Resnais?
Laura Morante: E' tratto da una piece teatrale di Alan Ayckbourn, autore di "smoking no smoking". Con tre uomini e tre donne disperati, dei poveretti, una storia brillante, con momenti proprio comici. Tende ad enfatizzare la sottile disperazione, tenue, inconsapevole quasi. Nel presentarmelo, Resnais mi aveva detto poche cose, soprattutto che avrebbe nevicato per quasi tutto il tempo, fuori dalle finestre. A creare un ambiente ovattato e una distanza con l'esterno. Oltre a questa nota impressionista è meglio non spiegare di più. Ho sentito che forse sarà a Venezia, lo hanno finito di montare ora. Forse uno dei miei ruoli più comici, una donna all'apparenza abbastanza decisa, in realtà come tutti gli altri, fragile.

Si parla di una sua prossima esperienza di sceneggiatura e regia…
Laura Morante: Per ora sceneggiatura, con Daniele Costantini a cui si è aggiunto Michele Plastino. Tratta di due donne, un ruolo lo avevo pensato per Margherita Buy e le è piaciuto. Io non so se reciterò. Ci sono scene buffe, ma sostanzialmente è una storia drammatica. Il titolo provvisorio è "falsa pista". Per la regia vedremo. C'è un produttore, forse si parte l'anno prossimo.

Rispetto alla crisi del pianista nel film, lei che percorso ha intrapreso?
Nicola Piovani: A volte viene voglia di una pausa, ma il mio è un lavoro così piacevole, diverso da quello e molto più artigianale. E farlo per le commedie non è pane di tutti i giorni, mi ha dato una gioia infinita. Sarei rimasto legato ai film d'autore, impegnati, se non fosse stato per Monicelli, a cui sarò eternamente grato. Proponendomi il "Marchese del Grillo" mi disse: "perché non ti levi quest'etichetta 'mortaccina'?". Poi, quando ti arriva un riconoscimento devi decidere come tradurlo. Puoi scegliere i soldi, gli aeroporti per i continui spostamenti, o il lusso della libertà. Io mi sono concesso quest'ultimo, decido solo per cose che mi danno piacere senza calcolarne i vantaggi. Ora lavorerò da quest'estate, per Ottobre, su un'opera teatrale che ho scritto dieci anni fa.
Daniele Thompson: Mi sono ispirata ad un pianista che conosco e che nel film ha lavorato con l'attore. A 50 anni è uscito da un'esistenza programmata per avere una maggiore libertà.

Come si è sviluppata la lavorazione?
Nicola Piovani: Nei tempi ideali, che nel cinema sono lunghi. E' importante per la sedimentazione. Ci si parla prima, poi spariscono tutti. Così ti fai un'idea, prendi appunti, e quindi dopo hai già un bagaglio su cui lavorare. Danièle voleva una vena malinconica, ma poi ho letto sul suo viso la preoccupazione. Gentilmente non mi ha detto niente, però dopo quando mi ha chiamato ha specificato: "mi raccomando l'allegria". Per cui l'abbiamo buttata sulla leggerezza.
Daniele Thompson: E' sempre molto difficile la scelta del musicista, perché tutto il lavoro è ancora incompleto. Ho scelto lui per la commistione di toni tra l'allegria e la tristezza di fondo.

Il film è anche una riflessione sull'arte…
Laura Morante: Per un artista il pericolo è perdere il contatto con la vita, c'è chi per fare un'opera si ispira ad un'altra opera. Come ha detto un artista alla sua mostra, la cosa più bella in un museo è ciò che si vede dalla finestra.
Nicola Piovani: Ogni epoca ha la sua. Nel '900 il problema che mi ha tormentato molto è la firma, di scambio più che di uso. Un mio amico ha una cantina con bottiglie di vino, pregiate e meno. Una volta il fiume è straripato e l'ha sommersa. Quando l'acqua si è ritirata, le bottiglie sono rimaste senza etichetta. Pur avendo amici sommelier, quando stappavamo mi dicevano "non sappiamo cosa stiamo bevendo". Il mercato dell'arte mi dà quest'idea: l'approccio all'arte deve essere sensuale.

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