24 Novembre 2005 - Conferenza Stampa
"Transporter: Extreme"
Intervista all'attore Alessandro Gassman.
di Andrea D'Addio
Che un attore italiano presenti un film straniero facilmente classificabile come blockbuster non è cosa di tutti giorni. Lo sappiamo noi e lo sa Alessandro Gassman, che in "Transporter. Extreme" prima che comincino le domande avverte la platea: "Dovete scusarmi ma non conosco bene l'italiano, quindi per cortesia parlate lentamente". Il clima si fa subito rilassato...
Come sei finito in questa produzione?
Alessandro Gassman: Purtroppo adesso per un attore italiano è quasi un evento partecipare a produzioni di questo tipo, un tempo non era così. Mi trovavo a Parigi per le riprese di un altro film, quando mi ha chiamato il mio agente dicendo che Luc Besson stava cercando un attore per la parte di un cattivo in un film d'azione. Ho pensato che come al solito fosse inutile anche andarci visto che noi europei quasi mai veniamo coinvolti in queste storie. Comunque sia ci sono andato, e dopo cinque provini sono stato scelto. Per fortuna che all'estero ancora esistono i provini, è l'unico criterio meritocratico che ci sia per la scelta di un attore.
Come è stata questa esperienza fuori dai nostri confini?
Alessandro Gassman: Mi sono molto divertito. E' stata l'occasione per un attore europeo di vedere come girano questi film gli americani. Set, tempi di lavorazione, persone sul set, c'è un'organizzazione immensa.
Sono stati quattro mesi di lavorazione, di cui tre a Miami. Nel frattempo sono passati ben quattro uragani. Noi stavamo in un albergo bellissimo, un giorno mi sono svegliato, mi sono affacciato dalla finestra e non si vedeva nessuno in giro, né c'era il minimo rumore. Preoccupato di corsa sono sceso alla reception per chiedere se stava per passare un altro uragano, ed invece ho scoperto che visto che quella mattina avremmo girato delle scene proprio lì vicino all'hotel, allora ben sei isolati della città erano stati bloccati. Poi ho notato che alcuni piccoli autobus passavano lo stesso per le strade, ho chiesto spiegazioni e mi hanno detto che quelli facevano parte della scenografia. In poche parole ogni due minuti tre bus si alternavano a fare lo stesso giro per le strade del quartiere in "loop", in modo che si potesse sempre girare la scena, senza che si perdesse tempo per la preparazione. Per le luci è stato lo stesso: grazie a un "lighting" potente eravamo liberi di girare sempre, in ogni momento della giornata. Un giorno poi è accaduto il massimo: sul set c'è stata una sorta di rivolta dei macchinisti perché era finita la Coca-Cola Light.
Per girare le scene d'azione ti sei fatto sostituire spesso da una comparsa?
Alessandro Gassman: No, quasi mai visto che per girare quelle scene ti riempiono di comfort e apparecchiature particolari come tiraggi, materassini, tute imbottite- Così è tutto più semplice. Poi io essendo il capo dei cattivi non dovevo proprio picchiare, ero più preposto a dare ordini che ad eseguirli. Comunque sia c'è da dire che all'inizio delle riprese mi chiesero se me la sentissi di girare le scene d'azione ricorrere agli stuntman. Non volendo fare la parte dell'attore italiano piagnone che si tira indietro gli ho risposto: No, da noi le facciamo sempre queste cose…
Jason Statham invece le faceva senza problemi, lui è stato campione di tuffi, ed è piuttosto abituato a questo tipo di situazioni.
Il film è sicuramente sopra le righe….
Alessandro Gassman: Nel film tutto poi è fuori della realtà, il buono è più buono, il cattivo è più cattivo. Si tratta di un comics, non c'è verosimiglianza con la realtà. E' un "comic", tutto è spinto all'eccesso. E' film fatto per intrattenere. Non si prefigge di essere verosimile, ma solo di divertire. Certo il mio non è il tipo di ruolo che ti permette di recitare a tutto tondo ma per questo tipo di film è giusto che sia così Abbiamo avuto una guida straordinaria nel regista Louis Laterrier, per me avrà una carriera luminosa. Ha solo trentuno anni, ma sembra un veterano, bravissimo anche nella direzione degli attori.
Le scene d'azione le ha invece curate Cory Yuen, il regista del primo Transporter. Anche lui è stato bravissimo, ma ha un grandissimo limite: non conosce l'inglese. Così la sua era una guida onomatopeica: se dovevamo dare un cazzotto diceva Yatà (e mima il gesto del cazzotto), se era un ceffone Yatò, e cose del genere. Alla fine avevamo imparato a riconoscere le sue indicazioni, ma era sempre divertente ascoltarlo.
Che ne pensi del cinema americano?
Alessandro Gassman: Tutto il male e tutto il bene possibile. Gli States hanno fatto del cinema la loro seconda industria dopo la meccanica, è un vero business. Quel che loro hanno e noi no, è soprattutto l'organizzazione. Qualche anno fa sono stato giurato del Festival di cinema indipendente di Deuville. Ho visto film fatti con gli stessi budget di film nostrani, ma con una cura, un'attenzione per la sceneggiatura e per tutto il resto che qui quasi mai si trova. Certo poi spesso a livello di storie tendono ad essere ripetitivo, ma questo perché avendo la possibilità di fare investimenti che altrove non si possono fare, ripetono effetti speciali e situazioni già viste.Ma ne fanno di talmente tanti e talmente diversi, che è logico che siano i più appetibili per il pubblico.
Progetti futuri?
Alessandro Gassman: Sta per partire il mio debutto come regista in teatro, lo spettacolo s'intitola "La forza dell'abitudine", è di Thomas Bernhard. Lo porteremo in giro per l'Italia nella prossima stagione teatrale. Attualmente ho finito di girare "Non prendere impegni questa sera" diretto da Tavarelli con Zingaretti, Cescon, Tirabassi, Rocco Papaleo e Paola Cortellesei. Contemporaneamente ho anche terminato le riprese di "Codice Rosso", una fiction di dodici puntate che andrà in onda prossimamente su Canale 5 cui tengo molto, è serie d'azione con effetti speciali.Una cosa nuova per l'Italia.
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