06 Aprile 2011 - Conferenza
"Source Code"
Intervista al regista e al cast.
di Francesco Lomuscio

In occasione dell'uscita italiana di "Source Code", secondo lungometraggio diretto da Duncan Jones, il regista, affiancato dall'attore protagonista Jake Gyllenhaal, ha incontrato a Roma la stampa.

Se, un po' come accade al personaggio che interpreta, gli rimanesse un solo minuto di vita, cosa farebbe Jake Gyllenhaal?
Jake Gyllenhaal: Se ciò accadesse ora, non risponderei alla domanda, ma chiamerei la mia famiglia, che adesso sta dormendo, e cercherei di fare una risata, perché credo sia con l'umorismo che riusciamo ad uscire da qualsiasi cosa.

Sia questo film che il precedente "Moon" sembrano essere dominati dalle ossessioni per il tempo e per la claustrofobia…
Duncan Jones: Quando realizzo i miei film, cerco sempre di concentrarmi sui personaggi. Non è tanto il concetto della tecnologia ad interessarmi, quanto le persone che si trovano ad affrontare questo mondo. Diciamo che la claustrofobia, invece, è stata una conseguenza degli esigui fondi che avevo a disposizione per realizzare "Moon", che abbiamo girato interamente negli studi perché non potevo neanche dipendere dalle condizioni metereologiche inglesi. Nel caso di questa pellicola, infine, è stato Jake a presentarmi la sceneggiatura, sicuramente perché sia lui che i produttori hanno visto in essa qualcosa di congeniale al mio modo di fare cinema.

E come era questa sceneggiatura?
Duncan Jones: La sceneggiatura è stata scritta da Ben Ripley, il quale aveva messo bene insieme tutta una serie di idee fantascientifiche, ma l'aspetto che maggiormente mi ha attirato è che, oltre al lato sci-fi, il film era azione, commedia, thriller, mystery e storia d'amore.

Il film presenta forse un certo sottotesto antimilitarista?
Duncan Jones: In realtà, la vicenda non l'ho vista come un giudizio nei confronti dei militari, perché ho rispetto per chi intende in quel modo la protezione della gente, anzi, devo dire che al personaggio del film, forse, non è stato dovuto il giusto ringraziamento per ciò che ha fatto per la patria. Poi, la mia famiglia è divisa, è per metà costituita da artisti e per metà da militari (ride).

Quali difficoltà ha riscontrato Jake Gyllenhaal nell'interpretare questo personaggio?
Jake Gyllenhaal: In questo ruolo, io non ho visto nulla di difficile, anzi, per me interpretarlo è stato divertente, anche perché ho dovuto usare la fantasia come i bambini. Infatti, Vera Farmiga io non l'ho vista mai, sentivo a malapena la sua voce, ero davanti ad uno schermo verde e parlavo (ride).

Tra l'altro, da "Donnie Darko" a "Source Code", Jake Gyllenhaal sembra essersi abituato ad avere a che fare con i paradossi temporali…
Jake Gyllenhaal: Io credo che la questione del tempo sia qualcosa di universale e che offra nel film una tensione narrativa intrinseca; ciò conforta l'attore, perché non deve accentuarla, è come se essa fosse già lì a fargli da aiuto. "Donnie Darko", per esempio, l'ho fatto dieci anni fa, mentre questo film può rappresentare una chiusura, l'altro estremo. "Donnie Darko" ha rappresentato per me la transizione dall'infanzia all'adolescenza, mentre "Source Code" quella dall'adolescenza all'età adulta. Comunque, anche se qui non c'è il coniglio di "Donnie Darko", esso continua a perseguitarmi, perché il film di Duncan, negli Stati Uniti, è uscito contemporaneamente a "Hop" (ride).

Oltretutto, quest'anno sono passati dieci anni anche dall'11 settembre…
Jake Gyllenhaal: Vorrei esistesse un modo per tornare indietro nel tempo ed entrare nel corpo di una persona molto più intelligente di me per andare a fermare quegli aerei, entrare nelle Torri Gemelle o anche cambiare la tragica situazione degli impianti nucleari verificatasi recentemente in Giappone.

Nel film sono presenti riferimenti a Philip K. Dick o altri autori fantascientifici?
Duncan Jones: Potrei stare qui a parlarvi tutto il giorno di fantascienza (ride). Comunque sì, mi piacciono molto sia Philip K. Dick che J.J. Ballard, in quanto entrambi affrontano il dispiegarsi del futuro e di come esso abbia poi i suoi effetti sulle persone.
Jake Gyllenhaal: Per quel che mi riguarda, non sono propriamente un fan, ma la fantascienza mi piace. Per esempio, mi piace George Orwell, mentre di questo film mi è piaciuta particolarmente l'idea della rinascita, che forse, oltre che fantascientifica, è anche un po' buddhista.

Come sceglie oggi Jake Gyllenhaal i ruoli da interpretare?
Jake Gyllenhaal: Ogni volta che ho scelto un film, l'ho fatto per istinto e, fortunatamente, ha avuto successo, a questo, invece, ho preso parte per molti motivi. Quando vidi "Moon", dopo i primi venti minuti pensai che non aveva importanza come il film andasse a finire, ma che, in ogni caso, avrei dovuto lavorare con il regista. A quel punto, mi alzai ed abbracciai Duncan (ride).

Lavorerete ancora insieme?
Duncan Jones: Io ho un piano a lungo termine costituito da molti progetti che vorrei realizzare con Jake.

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