Sole a catinelle

"Sin City - Una donna per cui uccidere"

Intervista al regista e allo sceneggiatore.


di Francesco Lomuscio15 Settembre 2014



Il primo, Robert Rodriguez, è uno dei più grandi geni che la Settima arte ha sfornato a partire dagli anni Novanta, autore di veri e propri cult del calibro di "El mariachi", "Dal tramonto all'alba" e "Machete".
Il secondo, Frank Miller, sceneggiatore, tra l'altro, dei due sequel di "Robocop", è uno dei nomi più noti legati all'universo dei fumetti.
Partendo proprio da una popolare graphic novel a firma di quest'ultimo, nel 2005 hanno diretto insieme quel "Sin city" che, immerso in cupe atmosfere noir, anziché proporsi quale trasposizione cinematografica dei disegni, provvide a trasferirli direttamente all'interno del grande schermo, rivelandosi opera decisamente innovativa.
Opera di cui ritroviamo, tra gli altri, Jessica Alba, Rosario Dawson e Mickey Rourke in "Sin city-Una donna per cui uccidere", che, con Josh Brolin, Joseph Gordon-Levitt e una nudissima Eva Green ad arricchire il cast, approda nei cinema italiani a partire dal 2 Ottobre 2014, distribuito da Keyfilms sia in 3D che nelle versione classica.
Per l'occasione, i due registi hanno incontrato la stampa a Roma, dove gli è stato anche consegnato il premio Romics d'oro, in quanto straordinari alchimisti dell'immaginario che hanno trovato una nuova formula per regalare agli spettatori un percorso tutto nuovo.



Cosa è cambiato tra il primo film e questo secondo?
Robert Rodriguez: Gli attori coinvolti nel primo film ancora non conoscevano bene la tecnica del green screen, quindi si sono tutti dovuti fidare di me perché non erano molto a loro agio. Per assurdo, anche se la tecnologia usata è ancora più complicata, questa seconda volta erano molto più pronti, perché diversi di loro si erano già abituati a lavorare con il green screen. Forse l'innovazione maggiore è stato l'uso del 3D, perché fa prendere vita in maniera ancora più forte ai fumetti disegnati da Frank.
Frank Miller: Inizialmente, anche io ero tra quelli che avevano qualche difficoltà a fidarsi di ciò che Robert diceva di fare, poi ho fatto una specie di corso, di full immersion per apprendere la sua tecnica di lavorazione ed ho capito che non dovevo più chiedere se potevamo fare una cosa, ma come l'avremmo fatta, perché alla fine riesce a fare tutto.

Quali sono i riferimenti cinematografici già presenti nel fumetto?
Frank Miller: I personaggi del film vengono da diversi posti. Io sono cresciuto studiando i film crime e noir, quindi, diciamo che tutto questo in essi c'è. Per quanto riguarda il personaggio di Eva Green, volevo che lei diventasse la quintessenza della femme fatale, che riuscisse a superare tutto quello che era stato fatto su di esse finora. E lei è riuscita veramente a mettere tutto nel suo ruolo, terrificante, sexy e anche molto tragico. Per quanto riguarda il Marv di Mickey Rourke, io in genere comincio ad elaborare le cose scrivendo una frase su un muro e, in questo caso, avevo scritto "Conan con un trench", perché volevo creare una specie di barbaro che vive in un contesto urbano.

Nel primo "Sin city" Dwight era interpretato da Clive Owen, qui da Josh Brolin...
Robert Rodriguez: L'idea era quella di avere attori diversi per Dwight nella prima parte e nella parte finale, quindi nella scena in cui scende dal treno sarebbe dovuto tornare Clive Owen, ma aveva problemi di piani di lavorazione e sarebbe stato disponibile solo sei mesi dopo. Durante le riprese, però, ci è piaciuta molto la performance di Josh Brolin, quindi abbiamo provato a fare con lui anche la seconda parte del film.
Frank Miller: Poi, gli attori amano lavorare e molti di quelli bravi sono spesso impegnati, quindi siamo riusciti comunque ad avere il cast che volevamo, che è meraviglioso. Vorrei anche sfatare un mito sugli attori, perché molte cose che si dicono su di loro non sono vere, sono dei grandissimi lavoratori, persone molto creative e contribuiscono tantissimo a tutto il processo e alla riuscita di un film. Si dice spesso che sono capricciosi, ma sono una parte fondamentale del risultato finale.

Riallacciandoci alla illuminante conversazione che ebbe Frank Miller con Will Eisner prima ancora di girare "Sin city", il secondo disse che i fumetti con il cinema non hanno nulla a che vedere, si avvicinano più al teatro. Questa teoria, però, pare sia stata traslata sia nei due "Sin city" che in "Spirit"...
Frank Miller: Quando ho scritto le storie per "Sin city", mi ero prefissato l'obiettivo che non avrebbero dovuto essere adattabili per il grande schermo, poi, invece, ho incontrato Robert che mi ha fatto vedere che la cosa si sarebbe potuta fare ed in che maniera. Quindi, il merito di ciò va a lui, che ha reso possibile la combinazione creando un nuovo tipo di cinema. Per quanto riguarda Eisner, siamo stati amici per venticinque anni, abbiamo trascorso tanto tempo insieme e, spesso, discutevamo proprio di questa faccenda riguardante la possibilità di accostare i fumetti al teatro od al cinema. Il mio rapporto con lui è stato veramente molto intenso, abbiamo passato delle intere serate, delle cene a discutere di qualunque cosa, anche se bisognava mettere il bordo della cornice intorno ad un disegno o sull'uso di una penna anziché un'altra. Il numero di discussioni che abbiamo avuto è incredibile proprio perché ci volevamo molto bene, ci rispettavamo molto. Un rapporto burrascoso, ma anche molto intenso.

Nel film abbiamo un cameo in tv di Robert Rodriguez e Frank Miller. Ci sono altri momenti in cui li vediamo?
Robert Rodriguez: La sceneggiatura diceva che la tv avrebbe dato un vecchio film e ci siamo detto che, prima o poi, durante una pausa, avremmo girato la scena di questo vecchio film. Ma, oltre al fatto che non abbiamo mai pensato a quali attori avrebbero potuto interpretarlo, non abbiamo neanche mai avuto tempo per farlo, quindi l'abbiamo interpretata l'ultimo giorno alle cinque del mattino. Ci sono anche altre immagini che, forse, metteremo nel dvd, ma non è che siano fondamentali per la storia.

Trent'anni fa Frank Miller diceva che nel mondo dei fumetti c'era bisogno di fuorilegge e che lui lo era. C'è ancora spazio nell'intrattenimento americano per i fuorilegge?
Frank Miller: Sì, perché senza i fuorilegge non hanno ragione di esistere neppure i supereroi.

Il fatto che robert Rodriguez, ai tempi del primo "Sin city", pose al suo fianco, alla regia, direttamente Frank Miller, generò un certo scandalo nella Directors guild of America...
Robert Rodriguez: Sì, negli Stati Uniti, per quanto riguarda la Director's guild, ci sono strane regole delle quali non ero al corrente. Per esempio, mi sembra che non si potevano menzionare due registi se non avevano già lavorato insieme in precedenza. Io, poi, come sapete, non faccio solo il regista, ma anche il compositore, il montatore ed altro, quindi è difficile etichettarmi ed ho avuto tanti problemi con queste leggi. Io lo avevo fatto in maniera tranquilla, in silenzio, sono loro che hanno fatto rumore intorno. Ho preferito uscire e, da allora, non sono più rientrato, ho potuto continuare a fare film non facendone parte, quindi la cosa sarebbe finita lì.
Frank Miller: Robert è un po' troppo modesto quando racconta questa storia, in realtà lui, una mattina, è venuto da me dicendomi che la Director's guild voleva che togliesse il mio nome come regista e che, quindi, avrebbe tolto anche il suo. Ma io gli dissi che non doveva farlo perché lui era il regista del film e mi ha risposto che, però, era un film che avevamo fatto insieme. Alla fine lui, pur di non togliere il mio nome dai credits, si è mostrato così generoso da uscire dalla Director's guild.

Con "Sin city" Robert Rodriguez ha direttamente trasposto il punto di vista del disegnatore nel film...
Robert Rodriguez: Sì, ho sempre tenuto moltissimo a rimanere fedele alla storia scritta da Frank Miller, perché lui ha una visione così completa che sarebbe stato possibile fare semplicemente un adattamento, ma è stato piuttosto il contrario, nel senso che ho cercato in tutti i modi di far sì che la sua visione diventasse un film.
Frank Miller: In effetti, la cosa divertente è che mi chiedono perché non lavoro ad Hollywood. Non abbiamo mai girato a Hollywood ed ho capito tramite i due "Sin city" che i fumetti potevano diventare dei film solo in questa maniera, senza cadere all'interno di quel tritacarne della grande macchina cinematografica americana in cui una graphic novel diventa solo una cosa simile a tante altre. Infatti, i migliori adattamenti di fumetti sono quelli che rimangono vicini al materiale di partenza, perché sono in genere creati da una sola persona. A Hollywood, invece, molte persone vogliono dire la loro ed è difficile, di conseguenza, mantenere l'integrità del prodotto.

Come è stato gestito il lavoro a quattro mani?
Robert Rodriguez: Abbiamo avuto anche sul set un rapporto molto stretto e di grandissima collaborazione, ci siamo divertiti tantissimo e, delle volte, ci dimenticavamo pure di chi era stata l'idea della cosa che stavamo facendo. Le rare volte che avevamo idee leggermente diverse, le provavamo tutte e due e vedevamo quale funzionava meglio.
Frank Miller: Sicuramente, all'inizio del nostro rapporto abbiamo avuto discussioni sulla maniera diversa per raggiungere un determinato obiettivo, ma la cosa importante è che, alla fine, era sempre lo stesso. Quindi, sono giunto alla conclusione che io e lui siamo fratelli che sono stati separati alla nascita.

Robert Rodriguez si dice abbia fatto la cavia per esperimenti medici per poter trovare i primi budget utili a fare i primi film. Quale è stato il più grande sacrificio fatto da Frank Miller nel nome della sua arte?
Frank Miller: Sicuramente, non mi sono ami prestato a nessun test medico; forse, all'inizio della mia carriera ho avuto spesso molta fame ed ho camminato per le vie di New York con scarpe talmente logore che era come camminare scalzo.

Per "Sin city" si può parlare, ormai, di un impossibile ritorno alla carta?
Frank Miller: Ottima domanda, ma è veramente difficile dare una risposta, perché per me, oggi, sedermi e disegnare il personaggio di Marv senza pensare a Mickey Rourke è impossibile. Posso dire solo che bisogna vedere quello che accadrà, come si evolveranno le cose. Sicuramente, sono soddisfatto di quello che sto facendo e farò anche altre cose.

L'uso del 3D cosa ha portato a livello di adattamento?
Robert Rodriguez: Sicuramente, sarebbe interessante guardare sia la versione in 2D che quella in 3D, perché la seconda porta tantissimo in più, mette moltissima vita in quello che è il mondo creato da Frank Miller, perché è un universo molto astratto e, come ha più volte detto lui, le immagini sono molto asciutte, non ci sono molte cose nelle scene. Per esempio, quando vedi un puntino bianco, con il 3D capisci che è neve. Mentre in altri film in 3D sei bombardato di cose sullo schermo e non sai dove guardare, qui le immagini sono molto essenziali, quindi esso ti aiuta a focalizzare l'attenzione sugli elementi essenziali che Frank aveva voluto.
Frank Miller: Quello che conta è la storia e, in questo caso, l'uso del 3D aiuta ancora di più noi a concentrarci su quelli che sono gli elementi fondamentali di essa. Se poi, invece, serve ad altre cose, non è più un elemento interessante.

Frank Miller ha visto il trailer di "Batman v Superman: Dawn of justice"? Cosa ne pensa?
Frank Miller: Non l'ho visto, non lo voglio vedere e possono fare quello che vogliono, perché io non ne faccio parte.

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