11 Gennaio 2007 - Conferenza stampa
"La ricerca della felicità"
Intervista a Gabriele Muccino, Will Smith, Chris Gardner e Andrea Guerra.
di Francesco Lomuscio


Resoconto della vita del broker Chris Gardner, riportata dallo stesso anche in un libro non romanzato, arriva nelle sale cinematografiche italiane La ricerca della felicità, primo lungometraggio diretto dal nostro Gabriele Muccino in suolo americano. Lo stesso Gardner, insieme al regista, l'attore protagonista Will Smith e l'autore della colonna sonora Andrea Guerra, ha incontrato a Roma la stampa.

A che punto siete personalmente con la ricerca della felicità?
Will Smith: L'idea alla base di questo film è stata rappresentata un po' come il sogno americano, ma credo che in essa vi sia qualcosa di più che potremmo chiamare il sogno umano, nel senso che, quando si prova un dolore, non è una sofferenza gratuita, ma volta all'arrivo alla felicità. Per quanto mi riguarda, la ricerca della felicità è la possibilità di avere il rispetto di me stesso.
Gabriele Muccino: La ricerca della felicità può essere associata al continuo tentativo di essere migliori, più sani, ma, in realtà, il momento dell'essere felici è molto breve, subito dopo averlo provato si torna alla routine. Comunque è l'assenza della felicità che ci fa pensare ad essa.
Chris Gardner: Non posso fare altro che essere d'accordo con loro: penso che la felicità non sia un punto d'arrivo, ma un viaggio. Ora, la mia felicità è essere un padre single che ha cresciuto due splendidi ragazzi portatori dei suoi stessi valori.

Gabriele, è vero che del film esiste anche un altro finale, ma alla fine avete scelto il tuo?
Gabriele Muccino: Sì, è vero. Le sceneggiature a Hollywood vengono sviluppate dai produttori in molto tempo; lo script che mi venne dato era molto solido, ma abbiamo cambiato due o tre cose, tra cui, appunto, il finale. Inizialmente, il film terminava con i due protagonisti che, alla fermata dell'autobus, non prendevano il bus di passaggio. Il figlio chiedeva: "Perché non lo hai preso?", ed il padre rispondeva: "Non voglio più correre, per un po' voglio rimanere fermo a pensare".

Parliamo della scelta di Gabriele come regista.
Will Smith: Credo che questa definizione di sogno americano sia un po' offuscata. Quando Gabriele mi ha fatto vedere Ladri di biciclette e Umberto D, ho detto che per me era quello il sogno americano, poi considero L'ultimo bacio un film profondo e potente. La speranza che ci porta avanti è quella di svegliarsi al mattino pensando che oggi sarà meglio di ieri e domani sarà meglio di oggi.

La frase "Non permettere a nessuno di spegnere i tuoi sogni", presente nel film, è una frase di Chris Gardner?
Chris Gardner: Sì, ho detto veramente quella frase a tutti e due i miei figli perché mia madre la diceva sempre a me, quindi è una frase molto vicina al mio cuore. Sono molto orgoglioso del film, e se Will ha dato la sua migliore performance è sicuramente dovuto al fatto che Gabriele ha saputo tirargliela fuori.

Will, Gabriele ti ha insegnato qualcosa dell'Italia?
Will Smith: Diciamo che quello che ho imparato è: "No, no, faceva schifo!", frase che Gabriele ripeteva in continuazione durante le riprese (ride). Scherzi a parte, Gabriele si è preso cura di me e non vedevamo l'ora di portare il film in Italia, poi credo proprio che dovrò comprarmi un appartamento a Roma perché la amo.

Al di là di Vittorio De Sica, durante la realizzazione del film avete pensato a Frank Capra?
Gabriele Muccino: Il percorso del protagonista è l'inseguimento di un'idea per una vita migliore, senza averne, però, gli strumenti. Capra è stato sicuramente uno dei motori d'ispirazione.

Il sogno americano qui appare più angoscioso rispetto a quello che ci viene mostrato dai registi d'oltreoceano…
Gabriele Muccino: Avevo una grande paura di risultare sdolcinato, quindi ho cercato di portare quella certa forma di realismo tipica del nostro cinema. Gli homeless nel film sono veri ed anche i posti in cui, con loro, dorme Will. Poi, il fatto di avere ogni giorno con me Chis Gardner, mi ricordava che ciò che stavo facendo non era un divertimento, un gioco, ma un incubo che milioni di americani vivono ogni giorno.

In questi casi, gli amici dove sono?
Will Smith: Non metterli nel film appartiene ad una scelta specifica, poi Chris non è originario di San Francisco, quindi non aveva persone a cui rivolgersi durante la permanenza in questa città; forse, però, può dirci qualcosa di più lui stesso.
Chris Gardner: Innanzitutto credo che, quando si realizza un film riguardante la vita di qualcuno, c'è sempre il bisogno di eliminare qualche elemento, nel libro, comunque, questo aspetto è maggiormente dettagliato. Uno dei miei migliori amici era il reverendo Williams, che mi ha molto aiutato, ma, in ogni caso, anche su questo argomento mia madre mi diceva che la soluzione non arriva da sola, devi andarla a cercare.
Gabriele Muccino: Tra l'altro, il reverendo di cui parla è quello che vediamo nel film. Comunque, da italiano posso dirvi che il loro tessuto sociale è molto diverso dal nostro, perché c'è molta più solitudine ed individualismo.

Andrea, come è stato il tuo lavoro?
Andrea Guerra: Beh, sia io che il montatore Hughes Winborne non siamo stati altro che strumenti in mano a Gabriele.

Come mai nel film la donna americana viene trattata molto male?
Chris Gardner: Leggetevi il libro e vi accorgerete che la donna americana nel film è stata trattata molto bene.

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