20 Ottobre 2009 - Conferenza
"Io, Don Giovanni"
Intervista al protagonista.
di Mauro Corso

Alla conferenza stampa sono presenti il regista, il direttore della fotografia e gran parte del cast.

Saura anche in questo film è forte una componente anti realista. Dunque è vero che non le piace il realismo nel cinema?
Carlos Saura: non è vero che non mi piace il cinema realista. Dipende. In Spagna in questo periodo si fa un cinema di costume che a me non piace molto, perché secondo me manca di immaginazione. Però sono sempre molto rispettoso quando un film è buono.

Com'è stato il suo incontro con Da Ponte?
Carlos Saura: il mio incontro con Lorenzo Da Ponte è stato sorprendente e meraviglioso. Cinque anni fa lo sceneggiatore di questa pellicola mi disse di voler fare un film su Da Ponte e io non lo conoscevo affatto. Era una sceneggiatura molto voluminosa su tutta la vita di Da Ponte, c'era materiale sufficiente per una serie tv. Allora ho deciso di concentrarmi sulla creazione del Don Giovanni. Come nasce un'opera? Era un'idea che mi affascinava moltissimo.

Storaro, è nota la meticolosità delle ricerche preparatorie per tutti i film. A quali artistisi è ispirato per questo?
Carlos Saura: è difficile dare uno o due nomi, c'è un'epoca e una storia personale. Sono stato educato a esprimermi attraverso la luce in un'immagine. Il cinema per me è immagine, musica e parola. Ho avuto difficoltà nel rapporto tra luce e musica, ci sono sette note e sette colori, sono sempre stato affascinato dal rapporto tra i due linguaggi. Con Moricone e Sakamoto avevo fatto molte esperienze al riguardo, ma sempre a posteriori. Il musicista entra in campo quando il film è già fatto. Dopo mi sono reso conto del rapporto tra immagini luci colori e musica. Bertolucci mi ha battezzato in senso proprio, con il melodramma italiano e la musica di Verdi. Quel tipo di musica mi ha dato il la su dove soffermarmi. Con Flamenco di Saura però ho avuto la prima esperienza importante. Io, Don Giovanni è la quinta collaborazione. Per Saura è molto importante il rapporto tra composizione e ritmo dell'immagine e composizione e ritmo della musica. Siamo stati a Vienna a Venezia, abbiamo tenuto in considerazione la pittura dell'epoca austriaca e Canaletto ma c'era qualcosa che andava trovato in noi, legato al rapporto tra realtà e fantasia, personalità e creazione. Ogni giorno vivevamo il piacere del mistero, il piacere di scoprire cosa poteva darci questa ricerca.

Come ha scelto gli attori?
Carlos Saura: gli attori italiani sono tremendi, insopportabili. Per me il casting è stata una sorpresa perché ho trovato facilmente gli attori che volevo per il film. Anche i cantanti sono stati trovati rapidamente. In Spagna è molto difficile. In italia ci sono attori e cantanti straordinari. Lorenzo è simpatico, chiaro. Il personaggio di Mozart per me era di grande preoccupazione perché a partire di Amadeus tutto il mondo pensa che Mozart era esattamente come nel film di Forman (che a me piace). Quel Mozart però non è riscontrabile in nessun documento dell'epoca. Stesso discorso per la moglie di Mozart, Francesca. Emilia è molto timidia ma è una meraviglia. Vittorio è un gran professore, un grande accademico.

Per Lorenzo Balducci com'è andata?
Lorenzo Balducci: l'incontro è avvenuto anni fa, nel 2006 a Vienna, il provino è andato bene e le riprese sono iniziate nella fine del 2006, anche se poi il film è stato concluso un anno e mezzo dopo. C'è una lunga pausa tra la parte veneziana e la parte viennese. Il personaggio era cambiato e anche io mi sentivo cambiato. A Venezia Lorenzo è sfrontato cinico, calcolatore, tratti che non mi appartengono. Mi sono documentato, ho letto libri, visto film e cercato di creare un contatto con l'epoca. Solo nel momento in cui ho iniziato a vestire i panni di Da Ponte e a provare le battute ho capito che era tutta teoria e l'unica cosa che valeva era la pratica. Si può copiare, tenere a mente un quadro o un film ma si può interpretare un personaggio solo vivendolo sulla pelle.

Per Emilia Verginelli è stata la prima esperienza...
Emilia Verginelli: il viaggio è stato fortunatamente lungo, così sono potuta entrare in questa storia appieno. Conoscere Mozart e la musica è stata un esperienza meravigliosa. In primis lavorare con Saura e con Storaro è stata esperienza meravigliosa, prima esperienza peraltro, si sono rivelati maestri calorosi e pazienti, pronti a prendersi cura di tutti gli attori. La pausa di una anno e mezzo è stata utile, ho approfondito il violoncello e l'ho studiato.

Che atmosfera c'era sul set?
Inaudi: era un periodo delirante per me, ero su tre set, non erano cose magari grosse ma pur sempre impegnative. Il set di Saura era un oasi di pace, c'era calma, concentrazione, e questa è stata la cosa più bella, la professionalità sul set, erano tutti calorosi e entusiasti del lavoro.

Com'è stato confrontarsi con Mozart?
Guanciale: è stata la prima esperienza al cinema. E' stato un viaggio anche perché andavo prestissimo sul set; partivo alle sei perché da Tor Bella Monaca prendere il raccordo più tardi era impossibile. Quando ho partecipato al provino non sapevo nulla, dovevo fare due battute e suonare il piano. Poi vengo a sapere che era un progetto di Saura e Storaro. Ho cercato di alleggerire il personaggio, ho smesso di vedere il film di Forman. Il mio ruolo, ingombrante ho cercato di portarlo a termine con la mia conoscenza artistica, ho cercato di farla mia. Sul set c'era calma, un modo di divertirsi leggero. Mi sono sentito liberissimo e ringrazio i due maestri.

Quanto è stato fedele ai fatti accaduti in quel periodo tra Mozart Casanova e Da Ponte, c'è stata qualche libertà?
Carlos Saura: il film è una visione personale, un saggio letterario. Ho sempre fatto film su personaggi che mi appassionavano. E' impossibile essere storici in senso stretto, c'è sempre un interpretazione. Ora Mozart è considerato un genio, magari allora non era così. Per me fare un film è sempre un avventura personale. Se piace al pubblico poi è una meraviglia, sennò è una catastrofe.

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