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04 Gennaio 2013 - Conferenza
"Django Unchained"
Intervista al regista e al cast.
di Francesco Lomuscio
Lui, con le fattezze di Jamie Foxx, si chiama Django, proprio come il reduce della Guerra Civile interpretato da Franco Nero nell'omonimo Spaghetti western diretto da Sergio Corbucci nel lontano 1966; ma, a differenza sua, è uno schiavo nero che vive nel Sud degli Stati Uniti due anni prima dello scoppio del conflitto e la cui brutale storia con il suo ex padrone lo conduce faccia a faccia con il dottor King Schultz, cacciatore di taglie di origine tedesca interpretato dal Christoph Waltz che si aggiudicò il premio Oscar tramite "Bastardi senza gloria".
Del resto, è lo stesso regista Quentin Tarantino a firmare "Django unchained", sanguinolento western che vede la coppia a caccia di criminali e intenta a salvare Broomhilda, la quale, con il volto della Kerry Washington del dittico "I fantastici 4", è la moglie che Django perse tempo prima, a causa della sua vendita come schiava.
Proprio in occasione dell'arrivo della pellicola in Italia, distribuita da Warner Bros a partire dal 17 Gennaio 2013, l'autore di "Pulp fiction" e "Le iene" ha incontrato a Roma la stampa, affiancato sia dal succitato Nero che dal trittico di protagonisti; oltre che dal mitico Samuel L. Jackson, il quale veste i panni dell'ambiguo anziano Stephen, schiavo di fiducia di Calvin Candie alias Leonardo DiCaprio, proprietario della famigerata piantagione chiamata Candyland.
Grande assente in conferenza, proprio il protagonista di "Titanic".
Avendo a disposizione la sterminata epopea del cinema western americano, come mai si è deciso di omaggiare quello italiano?
Quentin Tarantino: Il cinema western mi è sempre piaciuto, in tutte le sue forme, addirittura quello tedesco; però, ho sempre avuto un debole per lo Spaghetti western, quindi, decisi che, se avessi mai affrontato il genere, mi sarei ispirato a quello italiano.
Spike Lee ha dichiarato che non è rispettoso affrontare un tema come quello della schiavitù dei neri in un genere d'intrattenimento come il western...
Jamie Foxx: Io non sprecherei tempo a parlare di Spike Lee; posso solamente dire che tutte le persone sedute a questo tavolo sono talenti stupefacenti e che volevamo fare il nostro meglio per il film. Sapevamo che ci sarebbero state questioni scottanti riguardanti il razzismo.
Kerry Washington: Se posso permettermi di aggiungere una cosa, per me l'importante risiede nel fatto che la gente che è andata a vedere il film ora parli dell'argomento. E questo è un successo.
Come è venuta l'idea di rendere nero il tipico eroe bianco del cinema western?
Quentin Tarantino: Quando scrivo una sceneggiatura, non desidero avere subito le risposte su tutti i personaggi, ma le voglio strada facendo. Durante la scrittura del film, il mio amico Christoph mi ha portato a vedere l'opera degli anelli di Wagner e, quando ho visto la ricerca di Sigfrido per Brunilde, ho intuito dei paralleli con la mia storia. Quindi, ho pensato che ci sarebbe stato qualcosa di fantastico nel prendere una leggenda nordica e associarla ad un nero.
Come si è lavorato con gli attori?
Samuel L. Jackson: Quentin mi chiama, mi dice di leggere la sceneggiatura e di pensare al mio personaggio, poi ti trovi in una stanza con tutta questa gente e si genera un ritmo creativo. Quentin è un vero maestro, l'atmosfera tra troupe e cast, sui suoi set, è fantastica. Per questo i suoi sono quelli su cui preferisco stare.
Christoph Waltz: In realtà, non credo sia molto chiaro il ruolo dell'attore in un film di Quentin. L'improvvisazione, in alcuni casi, è certamente una virtù, ma, per me, una sceneggiatura di Quentin è come un'opera di Chechov o Shakespeare, quindi, come potrei decidere di cambiare qualcosa? Proprio come Wagner, che prima citavamo, Quentin ha un linguaggio che è fatto di immagini, musiche e parole, perché dovrei interferire con il suo lavoro?
Quentin Tarantino: Quando facciamo le prove, molto tempo è dedicato alla descrizione dei rapporti reciproci tra i vari personaggi. Questo è molto importante, non è per il pubblico, ma per loro, in modo che attingano dalla storia che stiamo raccontando.
Preferenze tra Sergio Leone e Sergio Corbucci?
Quentin Tarantino: Sia Leone che Corbucci sono due dei miei registi preferiti; il primo ha creato epopee gigantesche, mentre il secondo è stato più prolifico e ha fatto ricorso a immagini molto più modeste di cowboy. A me, comunque, piacciono entrambi.
Tra l'altro, qui abbiamo proprio il protagonista dell'originale "Django" di Sergio Corbucci, che in questo film fa una breve apparizione...
Franco Nero: Quentin è uno dei pochi registi americani capaci di essere autori totali. Non me ne vengono in mente molti, potrei citare Woody Allen, Oliver Stone e Paul Mazursky. Lavorare con lui è stato un piacere, una piccola vacanza. Potrei raccontarvi, per esempio, che, quando si gira, dice "Bella questa scena, bellissima, però ne facciamo un'altra perché a noi piace il cinema" (ride). Poi, sul set, ogni tanto, metteva la musica originale di "Django".
In che modo l'America è ancora oggi un paese razzista?
Kerry Washington: Credo sia più giusto porla agli italiani questa domanda, considerando ciò che è accaduto con la squadra del Milan. Quindi, non penso che quella del razzismo sia una questione esclusivamente americana.
Il personaggio di Samuel L. Jackson è sotto certi aspetti shakespeariano...
Samuel L. Jackson: : Quentin ha costruito il personaggio e io gli ho dato corpo. Per me è stato un piacere interpretarlo, in un certo senso rappresenta il potere che c'è dietro al trono di Candyland. E' un cattivo interessante, come tutti quelli dei film di Quentin, che mi piace interpretare perché sono sempre accompagnati dall'ironia. Credo di aver fatto bene il mio lavoro, in quanto i miei parenti mi hanno chiamato per dirmi che volevano morto il mio personaggio (ride).
Jamie Foxx, invece, cosa può dirci del suo personaggio?
Jamie Foxx: Io vengo dal Texas e, crescendo lì, vedi tanti cowboy. Inoltre, ho visto tantissimi western e, quando Quentin mi ha chiamato per dirmi che mi avrebbe dovuto mettere su un cavallo, gli ho detto che avevo il mio, che è una femmina. Quindi, non essendo un cavallo abituato allo schermo, è stato appositamente educato e ho recitato con lui.
E' vero che il prossimo film di Quentin Tarantino riguarderà lo sbarco in Normandia visto dalla parte delle vittime?
Quentin Tarantino: Non ci sto lavorando ora, ma potrei farlo, chi lo sa? Comunque, ho già scritto metà della sceneggiatura, perché, inizialmente, faceva parte della versione di "Bastardi senza gloria" di sei ore, quando volevo realizzarne una miniserie. In realtà, inizia in Normandia, ma il giorno successivo allo sbarco, quando i soldati di colore americani dovevano ripulire la spiaggia dai cadaveri. I prigionieri tedeschi scavavano le fosse e questi soldati li controllavano, ma con pistole senza proiettili, perché gli altri americani non si fidavano di lasciarli con le armi cariche. Eravamo negli anni Quaranta, ma, come vedete, anche allora la situazione non era poi tanto diversa.
Quale è il rapporto tra questo film e quello di Sergio Corbucci?
Quentin Tarantino: Entrambi i film si occupano di una forma di razzismo che porta al genocidio, io, però, avevo la mia parte di storia americana da raccontare. L'ho intitolato "Django unchained" solo per richiamare l'eroe occidentale dello Spaghetti western e perché volevo prendere il cappello di Franco per metterlo sulla testa di Jamie.
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