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26 Aprile 2010 - Conferenza
"Cosa voglio di più"
Intervista al regista e al cast.
di Domitilla Pirro
Alla conferenza stampa di presentazione di Cosavogliodipiù, in uscita nelle sale italiane venerdì 30 aprile, hanno partecipato il regista e sceneggiatore Silvio Soldini, i cosceneggiatori Doriana Leondeff e Angelo Carbone e una nutrita rappresentanza d'interpreti: Alba Rohrwacher, Pierfrancesco Favino, Giuseppe Battiston, Teresa Saponangelo, Gisella Burinato.
Come nasce l'idea del film? Possiamo definirlo "l'amore ai tempi della crisi"?
Silvio Soldini: Difficile dire di no. Per me è la continuazione di "Giorni e nuvole", mi sembrava mi fosse richiesto dagli spettatori stessi che si sentivano particolarmente vicini a quei personaggi. L'idea è nata dal racconto di una mia amica che fa l'impiegata e mi ha parlato per la prima volta della sua storia professionale e personale: questo ha fatto scattare la scintilla.
Pierfrancesco Favino: "La crisi al tempo dell'amore", semmai! La cosa migliore del film, secondo me, è che intercetta senza retorica un ambiente sociale che, almeno al cinema, di solito viene visto in maniera pietistica. Silvio invece cura molto i personaggi, e poi c'è molta delicatezza nella sceneggiatura. Comunque non lo definirei un film sul tradimento, ma un film sui diversi tipi d'amore. Un tema a me molto caro è quello per cui alcune condizioni pratiche avverse possono ostacolare determinate esperienze emotive: è orrendo. Questi personaggi, pur non vivendo in un ambiente sociale lussuoso, hanno la fortuna di non negarsi un amore da copertina.
Teresa Saponangelo: Negli ultimi tempi si leggono sui giornali molti articoli sui nuovi poveri. Si tende a non credere che ci siano persone costrette a mangiare alle mense della Caritas pur avendo un lavoro… Silvio ha raccontato in parte tutto questo e al tempo stesso ha toccato con estrema delicatezza alcune pieghe del tradimento più squallide che romantiche.
Giuseppe Battiston: È pur vero che la nostra è una categoria professionale privilegiata. Infatti sono rimasto molto colpito da come Silvio abbia saputo raccontare una realtà che non gli appartiene.
Pierfrancesco Favino: Attenzione però: non vorrei che passasse il concetto che tutti gli attori girano guidando la Ferrari e con una biondona al seguito! Ho parecchi amici attori che recitano in teatro e hanno problemi economici oltre che sentimentali…
Alba, Pierfrancesco: non avete provato imbarazzo girando assieme le scene di nudo?
Pierfrancesco Favino: Se avessimo avuto imbarazzo non avremmo fatto il film. Comunque abbiamo affrontato il tutto andando ciascuno oltre la propria pruderie, per raccontare la storia in modo realistico e sincero… a prescindere dal fatto che in certe scene i personaggi portassero le mutande o meno.
Alba Rohrwacher: Aggiungo che la fiducia totale nello sguardo di Silvio e tra di noi, e il fatto di essere in un ambiente rassicurante, che non ci ha mai giudicati, attraverso tante prove e un confronto costante, ci hanno dato libertà senza castrarci.
Quanto al finale, non avete mai pensato di girarne uno differente?
Silvio Soldini: Questo finale mi piace. Lascia qualcosa su cui riflettere all'uscita dalla sala. Come spettatore, i film che si dimenticano dopo due giorni non mi piacciono, perciò come regista cerco di non farne.
Doriana Leondeff: Ho una passione per i treni. Il treno è un luogo deputato al cambiamento. Non è scontato ciò che il personaggio farà alla fine del film, ma io mi auguro faccia uno scatto nella vita.
Angelo Carbone: Il futuro è la cosa meno pragmatica che esista: ci vuole immaginazione per raccontarselo. Ecco, alla fine il personaggio si riprende la possibilità di inventarsi un futuro alternativo tutto suo.
Come avete vissuto questi personaggi, in bilico tra immedesimazione e distacco professionale?
Alba Rohrwacher: Sicuramente è stata un'esperienza totalizzante. Questo film è qualcosa di viscerale, una storia faticosa da raccontare che ci ha coinvolti tutti, in un solidissimo gruppo di lavoro. Spesso abbiamo discusso molto con Pierfrancesco sulle azioni stesse dei nostri personaggi… Il lavoro dell'attore è pur sempre un lavoro, però: c'è necessariamente un distacco da mantenere, l'identificazione col personaggio finisce alla fine della scena. Anche perché altrimenti, se non mettessi distanza tra me e i ruoli che interpreto, tra quattro film sarò morta!
Pierfrancesco Favino: È una storia violenta e che ti violenta dal punto di vista emotivo, per fatica razionale e coinvolgimento personale, ma Silvio ti porta nelle scene con meticolosità e grazia. Ci sono sì cose che ti scavano nell'intimo, ma siamo guidati nell'affrontarle in maniera corretta. Ci sono tecniche apposite che aiutano ad entrare e uscire dal personaggio, poi.
Nel film si nota anche una grande attenzione verso i cosidetti ruoli minori…
Giuseppe Battiston: Un'attenzione tale verso tutti i ruoli è molto profonda e la qualità della presenza degli attori molto alta. Molte scene brevi e apparentemente secondarie - penso ad esempio a quella dove il personaggio di Pierfrancesco è in macchina col suocero, e parlano - portano una profondità e una "vita" che non ti spieghi, ma che senti chiaramente. Certo un personaggio che non si sviluppa in quaranta scene è più complesso da rappresentare, perché si devono selezionare le informazioni da dare allo spettatore e i modi con cui farlo.
Doriana Leondeff: Per me è proprio un punto d'onore nella scrittura trattare ogni personaggio come se potesse essere protagonista di una storia tutta sua: mi dà molto fastidio il personaggio "di spalla", meramente di supporto al protagonista, funzionale e rappresentativo di qualcosa: non fa bene alla storia e ai protagonisti stessi.
E il titolo? Di chi è stata l'idea?
Doriana Leondeff: Doveva essere un titolo provvisorio! Con Silvio durante tutta la fase di lavorazione si tende ad usare i nomi dei protagonisti come titolo, ma io stavolta mi rifiutavo davvero di chiamare questo film "Anna e Domenico", perciò ho pensato a qualcos'altro. Ho fatto un'associazione mentale con la canzone "Anna", ed è spuntato fuori questo. Ma all'inizio non mi convinceva, mi pareva un po' giovanilistico. Poi è piaciuto molto alla produzione ed è rimasto.
Pierfrancesco Favino: E poi così c'è spazio per il sequel: "Eccocos'era"!
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