22 Ottobre 2009 - Conferenza
"A Serious Man"
Intervista ai registi e al cast.
di Andrea D'Addio

Potrebbe essere lo spunto proprio per un loro film: due fratelli che parlano all'unisono, che non lasciano mai trasparire nessuna differenza né di voce né di pensiero. I fratelli Coen dimostrano ancora una volta perché nessuno dei due ha mai tentato la carriera solista. Sono a Roma per presentare "A serious man" splendido e coraggioso film antinarrativo, un vero e proprio pugno nello stomaco (il timore è che però piaccia a pochi). Con loro c'è il protagonista Michael Stuhlbarg


Quanto si può definire autobiografico il vostro film?
Ethan Coen: Non si tratta di un film autobiografico, anche se ci sono degli elementi del nostro passato che abbiamo utilizzato. La storia però non è parte di no, si parla di dettagli. La scuola ebraica è simile a quella che frequentammo, il personaggio del terzo rabbino ricorda un rabbino che conoscemmo durante la nostra gioventù così come l'assistente del preside, ma non tutti i personaggi del film riflettono persone davvero esistite.

Come è lavorare sul set con i fratelli Coen?
Michael Stuhlbarg: E' stata una bella esperienza. Quando mi hanno contattato e fatto leggere la sceneggiatura che, logicamente, ho subito accettato, ho cominciato a pormi molte domande sul ruolo. Le scrissi per non dimenticarle tutte, ma quando poi, durante le prove, gliele posi, loro mi risposero: trova te le risposte. Mi hanno dato molta libertà, sono stati generosi.

Quanto sarebbe stato possibile raccontare la storia di un uomo occidentale che si ritrova solo senza l'elemento dell'ebraismo?
Joel Coen: Il film è tutto su una comunità di ebrei. La genesi della pellicola nasce dalla'idea di raccontare ebrei in un certo tempo e in un certo modo. Non possiamo separare il personaggio dalla sua comunità. C'è poi un pessimismo di fondo che in molti trovano sia caratteristico della cultura yiddish e anche per questo è difficile pensare alla stessa storia senza quest'ambientazione.

Quanto sono cambiate le comunità ebree del Midwest americano oggi rispetto ai tempi in cui è ambientata la storia?
Ethan Coen: Molto, moltissimo. E come abbiamo detto prima abbiamo penato alla comunità in cui siamo cresciuti negli anni '60 e anche nel prologo abbiamo voluto annunciare che sarebbe stato un film su quei personaggi perchè il pubblico non avesse l'impressione di capirlo con il tempo. Tante cose sono cambiate.

Siete degli autori molto cinefili. Chi dei registi contemporanei vi piace?
Ethan Coen: Ci piacciono molto i creatori di Wallace & Gromit, e cioè Nick Park e i suoi soci, e abbiamo trovato eccezionale Edgar Wright, regista di L'alba dei morti dementi e Hot Fuzz.

Come pensate che verrà accolto il film dagli ebrei più ortodossi?
Ethan Coen: Per fortuna non è il pubblico che probabilmente andrà a vedere il nostro film, ma chi tra loro ha già visto il film non l'ha detestato. La gente solitamente è molto sensibile a come viene raffigurata nei media, ma così non è stato e ne siamo rimasti davvero sorpresi. Credo comunque che un po' di problemi siano inevitabili se vai a toccare la religione. E' facile che per piccole cose si trovino persone che si offendono.
Michael Stuhlbarg: La prima volta che ho letto lo script ho pensato che fosse un fim in yddish, poi quando ho letto lo script completo ho capito che era un flim diverso, ma anche se poi ho riso moltissimo, credo sia un flim molto sincero e autentico rispetto alla comunità ebreica.

Pensate che questo film possa essere considerato, per stile, più europeo che americano?
Ethan Coen: Noi vediamo film europei da quando siamo bambini ed è normali che ne siamo stati, e continueremo ad esserlo, sempre influenzati, ma per questo film in particoare non posso pensare ad un'influenza specifica di un qualche autore europeo o del cinema europeo in generale. Ecco, forse se Antonioni fosse nato a minneapolis avrebbe fatto film in questa maniera.
Joel Coen: Penso anzi che sia un film molto americano, forse non è "rumoroso" come non lo sono molti film europei, ma si tratta comunque di una pellicola sulla cultura da cui veniamo, una cultura che è americana.

Come definireste il "genere" di questo film?
Ethan Coen: Noi non peniamo mai se fare commedie o tragedie. Quando arrivi ad un certo punto pensi solo come essere autentico, a fare cose appropriate per la storia, non a ricercare la risata o il pianto del pubblico. Il pubblico fa quello che vuole.

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