02 Maggio 2006 - Conferenza Stampa
"Anche libero va bene"
Intervista a Kim Rossi Stuart.
di Francesco Lomuscio


Dopo una trentennale carriera di attore, Kim Rossi Stuart passa dietro la macchina da presa con Anche libero va bene, di cui è anche interprete. Lo abbiamo incontrato a Roma proprio per parlare di questo suo esordio registico.

Kim, come mai per il tuo esordio dietro la macchina da presa hai deciso di affrontare il tema dell'infanzia?
Kim Rossi Stuart: Esattamente non lo so, forse perché, essendo io un bambino dal punto di vista registico, ho voluto parlare di un bambino vero. Fondamentalmente, perché credo che l'infanzia sia un momento della vita che ti rimane sempre e di cui, quindi, torni sempre a parlare.

Quale vuole essere il senso del film?
Kim Rossi Stuart: Potrei definire il mio film una storia d'amore tra padre e figlio, oppure quella di due uomini innamorati della stessa donna. Diciamo che la tesi finale potrebbe voler comunicare che noi adulti commettiamo spesso errori più grandi rispetto a quelli che fanno i piccoli.

Come è caduta la scelta sul piccolo Alessandro Morace?
Kim Rossi Stuart: Il personaggio di Tommaso è sicuramente frutto della personalità di Alessandro, il bambino che ho trovato dopo tante ricerche effettuate in scuole, piscine e scuole di calcio. L'ho trovato in una scuola a Ponte Lanciani e nella sua normalità mi sembrava che potesse avere delle cose nascoste. Gli elettricisti lo hanno cominciato a chiamare Robert De Niro perché era sorprendente (ride).

Oltre ad essere un film sui bambini, Anche libero va bene sembra essere un grande film sugli adulti persi dietro i propri guai…
Kim Rossi Stuart: Sono contento che quelli che abbiamo cercato di costruire siano venuti fuori come dei genitori con tematiche attuali, però ho anche cercato di descrivere le loro personalità così problematiche, non definibili del tutto negative. Per esempio, la madre l'ho sempre pensata come una donna afflitta da nevrosi e problemi profondi, la quale, raggiunto il baratro, non trova altro da fare che scappare da sé stessa; quindi, non un personaggio superficiale come sembra. Renato, invece, è oppressivo con i figli, ma ho cercato anche di dargli un lato solare. Possiamo dire che quella vissuta da Tommaso sia un'infanzia dura, ma non infelice, all'interno di una famiglia che naviga nelle difficoltà.

Quanto ha influito su questo film la tua esperienza in Le chiavi di casa? E hai mai visto Il ladro di bambini?
Kim Rossi Stuart: In realtà buona parte della sceneggiatura era già scritta prima di iniziare le riprese con Amelio; diciamo che ho accettato anche per "spiare" la storia di Andrea, ma il nostro modo di lavorare è stato molto diverso. Ringrazio il giorno che ho incontrato Alessandro perché è stato per me un incontro molto fortunato. Per quanto riguarda Il ladro di bambini, è uno dei film che mi ha colpito di più.

Come sei riuscito ad evitare i cliché?
Kim Rossi Stuart: Ho cercato di volare alto, mi sono posto obiettivi anche ambiziosi, tra cui quello di fare un film originale. Quindi, ho tentato di fare personaggi veri, lontani dai cliché. Renato è un uomo che ha un concetto di sé ai limiti del macho, il contrario del personaggio de Le chiavi di casa.

Nel film c'è una bestemmia…
Kim Rossi Stuart: Sì, fa parte del personaggio di Renato, non è provocatoria, ma profondamente cristiana. Fa parte del suo percorso, nel momento in cui perde la fiducia in sé stesso e nella vita, perché fiducia è in fondo sinonimo di fede. E' un grido di dolore che fa male ed è funzionale al momento in cui il bambino torna dal padre.

Come mai per la colonna sonora hai scelto Banda Osiris?
Kim Rossi Stuart: Inizialmente ho sempre pensato ad un film senza musiche, poi ad un qualcosa che andasse un po' in contrapposizione all'andamento drammatico della vicenda. Quindi ho scelto Banda Osiris perché li ritenevo funzionali ad accompagnare i momenti allegri e ludici dell'infanzia.

Facendo un bilanciamento su questa esperienza, trovi più congeniale l'esprimersi dietro o davanti la macchina da presa?
Kim Rossi Stuart: Da giovanissimo, a vent'anni, mi presentai dal mio agente con una sceneggiatura; quindi, ho dovuto aspettare tantissimo prima di passare dietro la macchina da presa, però sono stato molto fortunato, in quanto ho lavorato con tanti diversi registi. Sono due cose lontane: l'attore implica una mimesi, mentre la regia permette di metterti più a nudo.

Hai un altro progetto da regista per il futuro?
Kim Rossi Stuart: No, non ne ho.

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