Sotto una buona stella
A differenza di ciò che abbiamo potuto apprendere tramite lavori quali “Bianco, rosso e Verdone” (1981) e “Acqua e sapone” (1983), il dramma, nel caso di questa ventiquattresima fatica registica del romano classe 1950 Carlo Verdone, non è posto alla fine ma all’inizio della visione, in quanto il protagonista Federico Picchioni – cui concede anima e corpo lo stesso regista – prima viene al corrente del decesso della ex moglie, poi si ritrova improvvisamente senza lavoro, dopo una brillante carriera all’interno di una holding finanziaria.
Ma, sebbene si tratti di una situazione che, vedendolo non più in grado di pagare l’affitto della casa in cui vivono i propri figli, lo costringe ad accoglierli nel suo appartamento, dove tutt’altro che bene si rapportano con Gemma alias Eleonora Sergio, nuova compagna dell’uomo, i momenti per spingere lo spettatore a sprofondare in sane risate non tardano a farsi vivi.
Perché non tarda ad entrare in scena neppure la mai disprezzabile Paola Cortellesi nei panni della tanto rumorosa quanto simpatica vicina di casa Luisa, donna spiritosa e piena di buon senso destinata ad instaurare un certo rapporto di complicità con i ragazzi interpretati dal Lorenzo Richelmy de “Il terzo tempo” (2013) e dalla Tea Falco di “Io e te” (2012), l’uno aspirante cantautore, l’altra aspirante scrittrice con figlia di colore a carico.
E, tra gli altri, sono lo Stefano Ambrogi di “Febbre da cavallo-La mandrakata” (2002) e il Lorenzo Renzi conosciuto soprattutto per aver preso parte alla serie televisiva “Romanzo criminale” (2008-2010) a incarnare quella grottesca romanità cui, da sempre, il Sergio Benvenuti di “Borotalco” (1982) ritaglia almeno un piccolo spazio nelle sue pellicole al fine di lasciarne emergere il lato divertente.
Quella romanità qui inclusa, inoltre, nel corso di un assurdo reading di poesie, mentre provvedono scambi di carrozzine, audizioni per musicisti, una sequenza che si svolge durante un matrimonio e, addirittura, pitoni in agguato a rappresentare alcuni dei punti più comici di un’operazione sicuramente capace di intrattenere a dovere lo spettatore e di lasciarlo soddisfatto in maniera più che sufficiente, ma che non dimentica neppure di tirare in ballo al momento giusto aspetti sociali poco positivi come la fuga dei giovani da una Italia sempre più arida, egocentrica e in preda alla depressione... sebbene qualcosa ci spinga a pensare che l’insieme sarebbe potuto riuscire ancora meglio (citiamo soltanto il poco sviluppo del fondamentale personaggio di Gemma).
La frase:
"Io intendo per depressione che la gente si vuole divertire, volemo ridere!".
a cura di Francesco Lomuscio
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